Insegnante

Benedetta TobagiUna stella incoronata di buio

Roberto Monicchia, Vicenza

Ogni volta che una qualche occasione ci riporta alla memoria il terrore seminato dalla cosiddetta strategia della tensione, è difficile non lasciarsi sopraffare dalla rabbia: pesa come un macigno il senso di una stagione di trasformazione e protagonismo di massa fermata attraverso una violenza brutale, promossa e permessa (ogni sentenza, anche di assoluzione, lo conferma con copiosi riscontri documentari) da apparati di potere – interno e internazionale – che nulla hanno pagato in termini giudiziari o politici per quella infame stagione.

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Eleonora MazzoniIl cuore è un guazzabuglio

 Il Manzoni, sempre chiamato con l’articolo a precedere il cognome, che immaginiamo da studenti è un uomo perennemente di mezz’età, dallo sguardo grave e un po’ assente, simile a quello ritratto da Francesco Hayez in uno dei suoi dipinti piú celebri. Un uomo che difficilmente riesce a ispirare simpatia, cosí come difficilmente può ispirarla il suo capolavoro, I promessi sposi, che da adolescenti svogliati sorbiamo come una medicina amara da ingerire perché «fa bene». 

Ma, leggendo con attenzione le milleottocento lettere che ci ha lasciato e le testimonianze di familiari e amici, Manzoni risulta molto diverso da cosí.

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Paolo MalagutiPiero fa la Merica

Piero dei Gevori ha quindici anni e vive ai margini del bosco del Montello, l’antica riserva di legna della Serenissima. In famiglia sono tanti, hanno una casa che sta in piedi per miracolo, mangiano poco e non possiedono nulla. Come se non bastasse, la cattiva sorte si accanisce su di loro. Da qualche tempo, giú al paese, si dice che alla Merica regalino la terra a chi ha voglia di lavorare. Dopo l’ennesima ingiustizia, per i Gevori mettersi in viaggio in cerca di fortuna è l’unica salvezza. 

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Percorsi

Benedetta TobagiResistenza con voce di donna (e non solo)

«Dio mio, quanto vi siete divertiti!» pare abbia esclamato Italo Calvino dopo aver letto il Diario partigiano di Ada Gobetti, e credo proprio che sarete d’accordo con lui. Scritto a partire dagli appunti cifrati in inglese tenuti venti mesi della guerra civile 1943-45 dietro sollecitazione di Benedetto Croce nientemeno (il filosofo voleva capire cosa fosse stata davvero la Resistenza, e chi meglio di Ada?) e pubblicato nel 1956, il Diario conserva intatta la sua freschezza, e resta uno dei piú ricchi e vivaci resoconti dell’esperienza partigiana, col valore aggiunto di raccontarla dalla prospettiva di una donna.

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Massimo ZamboniL’eco di uno sparo

Una storia che chiedeva di essere raccontata, rimasta sepolta insieme alle tante storie rimosse di questo Paese. Un libro sofferto, inconsueto, che è insieme una presa d’atto, un amaro bilancio e una terrestre ballata incantatrice. La memoria va trasmessa, ci dice Massimo Zamboni, e «tocca ai nipoti tramandare, sottraendo ai genitori un compito che non avrebbero potuto svolgere con giustezza».

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