Classe

Giorgio SciannaQualcosa c’inventeremo

Liceo scientifico G. Marconi (Pesaro)
Classe: I G
Docente: Francesca Gasperini

Qualcosa c’inventeremo narra le vicende di due fratelli orfani, Mirko e Tommaso. I due ragazzi dovranno sopravvivere alle insidie della metropoli milanese incontrando ostacoli che cercheranno di superare con le proprie forze, rifiutando l’aiuto degli adulti che li circondano. Mirko, mentre svolgerà le normali attività da adolescente come giocare a basket, uscire e viaggiare con gli amici, si imbatterà nell’illegalità, e in piú dovrà occuparsi del fratellino Tommaso. Tutte le sue scelte saranno sempre messe in discussione dagli adulti, in particolare dallo zio Eugenio, che secondo Mirko rappresenta «il tutore severo».

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Giorgio SciannaQualcosa c’inventeremo

Cosa c’è di meglio per due ragazzini di undici e diciassette anni del vivere senza adulti tra i piedi? In questo caso, però, il desiderio non c’entra: Mirko e Tommaso sono da poco rimasti orfani di entrambi i genitori, deceduti a seguito di un tragico incidente d’auto. Il tribunale dei minori li affida allo zio Eugenio, il quale vorrebbe che i ragazzi lasciassero la loro casa di Milano per trasferirsi da lui, a Pavia. Ma niente da fare, di lasciare la casa, gli amici e la scuola i ragazzi non ne vogliono proprio sapere.

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Andrea BajaniUn bene al mondo

Un bene al mondo è un romanzo unico e al tempo stesso una storia universale. Dice una cosa semplice, e lo fa con la forza della letteratura: se non nascondi quello che fa male, la vita ti sorprenderà. Un bene al mondo racconta infatti di un paese sotto una montagna, a pochi chilometri da un confine misterioso. Un paese come gli altri: ha poche strade, un passaggio a livello che lo divide, e una ferrovia per pensare di partire. Nel paese c’è una casa. Dentro c’è un bambino che ha un dolore per amico. Lo accompagna a scuola, corre nei boschi insieme a lui, lo scorta fin dove l’infanzia resta indietro.

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Percorsi

I poeti come teppisti del linguaggioAndrea Bajani

Ho sempre pensato alla poesia come a una ginnastica riabilitativa per le parole. Sono sempre stato convinto, cioè, che grazie alla poesia il linguaggio godesse di un migliore stato di salute: che le sue articolazioni acquisissero scioltezza, i suoi polmoni capienza polmonare, che la sua muscolatura andasse a contrastare un’atrofia inesorabilmente progressiva. Ogni poesia che ho letto nella mia vita l’ho visualizzata in questo modo: parole in esercizio sopra un prato, flessioni delle frasi, salti in avanti a cavallo dei due punti, rallentamenti e accelerazioni intorno alle virgole, la pausa del punto e virgola, il premio del riposo accanto a un punto fermo, e poi di nuovo ripartire. Per questo ogni sera della mia vita, prima di dormire, ho letto almeno una poesia, e dopo averla letta mi sono addormentato.

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Giacomo MazzariolMio fratello rincorre i dinosauri

Un romanzo di formazione in cui non c’è stato bisogno di inventare nulla. Un libro che stupisce, commuove, diverte e fa riflettere.

Giacomo ha cinque anni e il desiderio di avere un fratello; perché, si sa, con due sorelle non puoi fare giochi da maschio. Ed ecco che una sera i suoi genitori gli annunciano che lo avrà, questo fratello. Giacomo è alle stelle, sta per iniziare un «nuovo ordine mondiale», per cui lui e il papà non saranno piú in minoranza. Eppure col passare del tempo le cose non sembrano essere come Giacomo le aveva immaginate: Giovanni, quel bambino che la mamma ha definito «speciale», non è un supereroe e non ha i superpoteri.

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Insegnante

Giacomo MazzariolMio fratello rincorre i dinosauri

Giuditta Casale (Potenza)

Uno dei titoli presentati nelle ultime settimane dell’anno scolastico appena terminato è Mio fratello rincorre i dinosauri di Giacomo Mazzariol. Una storia d’amore, appassionata e non priva di spine. Una prosa immediata con l’ingenuità e la chiarezza del dettato che hanno sempre una certa presa su lettori alle prime armi. La possibilità di aggiungere alla lettura il video A simple interview da cui tutto è partito.

Giacomo aspetta un fratellino. Lo comunicano i genitori in un parcheggio vuoto, una domenica pomeriggio, a lui di cinque anni, e alle due sorelle: Alice di due e Chiara di sette. «I nostri genitori sospirarono e si rivolsero l’un l’altro uno sguardo che non seppi tradurre; tra loro scorreva un’energia strana, un fiume di coriandoli luminosi».

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Simone GiorgiL’ultima famiglia felice

Le famiglie felici si somigliano tutte, oppure no? Forse ciascuna è felice a modo suo, e la felicità, proprio come un vetro, nasconde sulla sua superficie liscia mille linea di frattura, invisibili fino a quando non s’infrange. La famiglia di Matteo Stella è felice? Lui fa di tutto perché lo sia: è un padre amorevole, un marito devoto, un uomo che si sforza in ogni modo per essere una brava persona. Senza ipocrisia ma con l’ingenuità assoluta che hanno solo le persone di buone intenzioni.

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Simone GiorgiL’ultima famiglia felice

Liceo Statale Moscati, Grottaglie (Taranto)
Classe: IIIB
Docente: Daniela Annicchiarico

Nel tuo romanzo, L’ultima famiglia felice, si fa una vera e propria indagine psicologica dei personaggi; quando la famiglia si disgrega la colpa è di entrambi i coniugi, come mai nel libro questa colpa fallimentare viene imputata per la maggior parte a Matteo?

Diciamo che, in realtà, è Matteo stesso a imputarsi tutte le colpe. A volersele imputare, persino. Perché Matteo Stella è un uomo che, nella vita, si è dato un compito: costruire una sorta di sistema operativo in grado di garantire a lui e alla sua famiglia una felicità costante e inattaccabile. La professione, gli amici, le ambizioni personali, per lui tutto passa in secondo piano. Al centro della sua vita ci sono sua moglie Anna e i suoi figli adolescenti, Eleonora e Stefano.

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