Benedetta TobagiResistenza con voce di donna (e non solo)

«Dio mio, quanto vi siete divertiti!» pare abbia esclamato Italo Calvino dopo aver letto il Diario partigiano di Ada Gobetti, e credo proprio che sarete d’accordo con lui. Scritto a partire dagli appunti cifrati in inglese tenuti venti mesi della guerra civile 1943-45 dietro sollecitazione di Benedetto Croce nientemeno (il filosofo voleva capire cosa fosse stata davvero la Resistenza, e chi meglio di Ada?) e pubblicato nel 1956, il Diario conserva intatta la sua freschezza, e resta uno dei piú ricchi e vivaci resoconti dell’esperienza partigiana, col valore aggiunto di raccontarla dalla prospettiva di una donna. E che donna! Ada Prospero Gobetti Marchesini è stata una delle figure di riferimento dell’antifascismo clandestino. Vedova del grande Piero Gobetti, morto in Francia nel 1926 a seguito delle vessazioni subite dai fascisti, quando il loro bambino, Paolo, ha pochi mesi. Ada non si fa schiacciare nel ruolo di vedova del martire, addirittura si risposa, e continua a far politica. Dopo l’8 settembre, sarà immediatamente coinvolta nella creazione della principale organizzazione femminile della Resistenza, i Gruppi di difesa della donna e per l’assistenza ai combattenti della libertà (il nome, scrive nel diario, non le piace affatto: «Non sarebbe piú semplice dire “volontarie della libertà” anche per le donne?», si chiede, ma da donna pragmatica lascia perdere le etichette e si mette all’opera, con risultati straordinari).

 

Bellissimo leggerlo insieme al primo grande romanzo femminile della Resistenza, L’Agnese va a morire dell’ex partigiana Renata Viganò, pubblicato nel 1949. Vivido, asciutto e antiretorico come la sua protagonista, una donna di campagna dura e silenziosa che presta servizio presso una formazione partigiana nelle Valli di Comacchio, rende omaggio alla miriade di donne di condizioni sociali umilissime che con il loro lavoro instancabile resero materialmente possibile la guerra di Liberazione, offrendo l’indispensabile supporto materiale e logistico alle formazioni combattenti.

Verso la fine del Diario partigiano, Ada Gobetti scrive che dopo la guerra «incominciava un’altra battaglia: piú lunga, piú difficile, piú estenuante, anche se meno cruenta». Uno degli affreschi piú duri e schietti di questa nuova battaglia e dello smarrimento vissuto nell’immediato dopoguerra da tanti che avevano combattuto nella Resistenza sognando un’Italia tutta nuova e diversa ce lo offre senza dubbio Carlo Levi col romanzo L’orologio. Pubblicato nel 1950, racconta la crisi del governo di Ferruccio Parri, espressione della grande coalizione tra le forze antifasciste e l’ascesa al potere di De Gasperi e della Democrazia cristiana, mentre gli spifferi gelidi dell’incipiente Guerra fredda stroncano le speranze di tante e tanti partigiani. Indispensabile per capire l’Italia che è venuta dopo.

Buon 25 aprile!

Benedetta Tobagi