Elena VarvelloSolo un ragazzo

16+

Dopo La vita felice, bestseller in Gran Bretagna, Elena Varvello torna a indagare quel bosco fitto e scuro che è l’adolescenza, e quel terreno brullo e scosceso che sono i sensi di colpa dei genitori.

Lui, il ragazzo, ha quasi diciott’anni e una bella famiglia.  È gentile ed educato, a volte silenzioso ma sempre sorridente. Dentro ha un grande buco nero, soltanto che nessuno se n’è accorto. Cosí, quando per Cave si sparge la voce che sia stato proprio lui a rubare in una villetta, i suoi genitori e le sorelle non riescono a crederci. Del resto, nessuno sa della capanna che ha costruito nel bosco – lo specchio della sua solitudine. Nessuno sa delle bugie, né della rabbia e dei sogni «cattivi». Di quanto si senta alieno al mondo.

Fino alla notte in cui accade l’impensabile: un’aggressione a volto scoperto ai danni di una coppia di vicini e della loro figlia, rinchiusi per ore in una stanza e minacciati con un cacciavite. Nel chiacchiericcio di fondo del paese, che giudica e condanna, si consuma cosí il dramma di un ragazzo misterioso, amato eppure sconosciuto, e della sua famiglia, che sarà costretta a imparare il significato del perdono e della compassione.

Con uno sguardo asciutto, capace di portare luce nei coni d’ombra dell’animo umano, Elena Varvello racconta il dolore di chi se n’è andato e la difficile ma possibile guarigione di chi invece è rimasto.

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«E noi lettori, come i personaggi di questa storia, siamo dei bricoleur dell’impossibile: ci arrabbiamo, ci impegniamo, amiamo, perdoniamo, piangiamo senza però troppo influire sulla forza di gravità esistenziale che ci muove e che muove tutto il libro di Elena Varvello. È una forza che ci attrae dentro ogni pagina, che ci fa diventare volta per volta tutti i personaggi, che ce li fa capire, che ce li fa raddoppiare dentro la nostra sensibilità. Per incantesimo» (Ernesto Franco).

«Il termine “solo” si riferisce nella mia mente a qualcosa che non sottrae ma aggiunge, perché lega ciascun ragazzo all’altro e li rende tutti ugualmente misteriosi, importanti, unici», racconta l’autrice nell’intervista di Adriana Riccomagno su «La Stampa».

«Elena Varvello ci conduce nell’ombra della vita di provincia e ci fa vivere e palpitare dentro le emozioni di un ragazzo che combatte contro la sua inadeguatezza adolescenziale» (Giuseppe Lorenti, «il Venerdí – la Repubblica»).

«Varvello ci consegna il resoconto limpido di un disagio che ognuno vive a proprio modo e che non si può comprendere ma, semplicemente, accettare» (Demetrio Paolin, «La Lettura – Corriere della Sera»).

«Elena Varvello ha avuto il coraggio di entrare nel dolore piú grande, quello che non ha scampo» (Annalena Benini, «Il Foglio»).

«Elena Varvello sa leggere (e raccontare) le vite degli altri. È capace di muoversi fra le zone grigie e i non detti, di dare forma alle inquietudini, ai dolori che si annidano nelle famiglie» (Elena Masuelli, «Tuttolibri – la Stampa»).

«Varvello orienta “obliquamente” la propria scrittura per esplorare l’intimo e coglierne l’impossibile e l’insostenibile. Scandaglia quella ferita interiore con cui gli esseri comunicano tra loro e si trovano restituiti alla bellezza della notte» (Vito Santoro, «La Gazzetta del Mezzogiorno»).

Petunia Ollister, sul suo profilo Instagram, ha scritto: «La storia che Elena racconta con la perizia dell’entomolgo si consuma in un microcosmo tra i boschi e l’abitato di Cave, un paese delle valli intorno a Torino. Eppure per lingua, struttura e profondità è la storia monumentale dell’essere umano che da infinito e vago cerca di diventare, non quel che gli altri desiderano, ma semplicemente se stesso».

Sulla pagina Facebook della casa editrice, la scrittrice racconta come si sia imbattuta nel “ragazzo” protagonista del romanzo:

Su Radio3 Solo un ragazzo è stato scelto come libro del giorno di Fahrenheit; l’autrice ne ha parlato con Loredana Lipperini:

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