Marco BalzanoResto qui

Liceo classico P. Virgilio Marone, Gioia del Colle (BA)
Classe: III A
Docente: Elena Viggiano

Il romanzo di Marco Balzano Resto qui narra la storia, ambientata nel periodo tra prima e seconda guerra mondiale, degli abitanti di Curon, un piccolo paesino italiano al confine tra Trentino Alto Adige e Austria. Trina, la protagonista, è una maestra che insegna tedesco clandestinamente e, dopo la scomparsa della figlia minore Marica, probabilmente scappata con gli zii Anita e Lorenz nel Reich per poter studiare, inizia a scriverle delle lettere, ripercorrendo le tappe della sua vita, dalla giovinezza fino al momento della sua scomparsa.

In esse le racconta tutto quello che accade a Curon in sua assenza: la costruzione della diga da parte dei fascisti, la migrazione della maggior parte dei cittadini in Germania, l’arruolamento forzato di Erich e quello volontario nell’esercito tedesco da parte del figlio Michael, le dure condizioni di vita, la tenacia e il coraggio di Erich e Trina che, dopo un tentativo di fuga in Svizzera, ritornano in paese e combattono contro i fascisti.

L’autore affronta tematiche molto importanti come il fascismo e il nazismo, ma rivisitandole in un modo molto originale, focalizzando l’attenzione sull’uso della lingua italiana e tedesca. Perché infatti è la lingua che accentua la difficoltà della vita nel periodo di guerra proprio come dice la protagonista: «l’italiano e il tedesco erano muri che continuavano ad alzarsi. Le lingue erano diventate marchi di razza. I dittatori le avevano trasformate in armi e dichiarazioni di guerra».

Un altro aspetto che ha attirato particolarmente la mia attenzione è stata la bravura di Balzano nel presentare questi movimenti politici in modo insolito e completamente diverso da quello che riportano i libri di storia, invogliando il lettore curioso ad approfondire questo aspetto fino ad ora raramente considerato: non si mette in evidenza tanto l’alleanza tra Mussolini ed Hitler, ma il contrasto fra le due culture che essi rappresentavano. Il fascismo che ribattezza ogni cosa attraverso la lingua italiana, che occupa gli edifici pubblici licenziando i tirolesi per impiegare persone provenienti da tutta Italia, che vieta di parlare il tedesco obbligando all’insegnamento in lingua italiana, che impone coprifuochi e adunate per il passaggio del podestà, che insomma sottrae agli abitanti la loro vera identità, abituandoli a non essere piú sé stessi con il costante bisogno di sopravvivere piuttosto che di combattere e ribellarsi: «Il fascismo sembrava esistere da sempre. Da sempre c’era stato il municipio col podestà e i suoi tirapiedi, da sempre c’era la faccia del duce appesa ai muri, da sempre c’erano i carabinieri che venivano a mettere il naso nei fatti nostri e ci obbligavano ad andare in piazza per ascoltare gli annunci. Ci eravamo abituati a non essere piú noi stessi».

Il nazismo, invece, divide la popolazione mettendo gli uni contro gli altri: optanti e restanti. I primi a favore del Reich e della promessa di libertà e benessere in un territorio come quello della Germania, pronto ad accoglierli; i secondi, tra cui Trina e suo marito Erich, che sono umiliati da tutti poiché sono radicati saldamente alla terra natìa, restii all’incanto del mito nazista e di Hitler, identificato dalla maggior parte dei cittadini di Curon e dei dintorni come un salvatore. Essi odiano al contrario Mussolini e gli Italiani poiché vogliono sommergere il loro paese con la costruzione della diga: «Fino alla fine dell’anno in paese ci fu il parapiglia. Tutti non facevano che parlare di andar via, immaginando i posti dove il Führer li avrebbe mandati e cosa gli avrebbe dato per ciò che lasciavano qui. Quali masi, quale zona del Reich, quanti capi di bestiame, quanta terra. Davvero erano esasperati dai fascisti per credere a quelle balle. I pochi, come noi, che decisero di restare venivano insultati. Ci chiamavano spie, traditori. Di colpo gente che conoscevo da quando ero bambina non mi salutava piú o sputava per terra passandomi di fianco. Le donne che andavano tutte insieme al fiume adesso si erano divise in due gruppi, quello delle optanti e quello delle restanti, e a lavare i panni si mettevano in punti diversi».

Resto qui racconta la resistenza, non tanto quella partigiana di cui abbiamo tante testimonianze, ma quella umana: di vita vissuta, di prospettive, di paure, di illusioni, di ideali e il desiderio di restare nella propria terra nonostante le innumerevoli difficoltà. Consiglio la lettura di questo libro non solo per l’avvincente ed appassionante trama ma anche per la sua scorrevolezza, resa possibile dalla chiarezza espositiva e dal linguaggio semplice ed essenziale che caratterizza la scrittura di Balzano.

Resto qui è uno tra i pochi romanzi che affronta un tema capace di catapultare il lettore nel pieno della Storia con la s maiuscola grazie alla bravura dell’autore che, raccontando dal punto di vista di chi ha vissuto in prima persona le vicende della guerra, ci svela una realtà sul fascismo raramente raccontata dalla cronaca ufficiale. Un romanzo molto emozionante caratterizzato da un clima intimo perché, attraverso la figura di Trina una madre disperata che scrive lettere alla figlia scomparsa, il lettore è coinvolto in questo perfetto connubio tra storia e narrazione. Sono tutti questi elementi che rendono la lettura del romanzo molto interessante fin dalla prima pagina.

Giulia