L’acqua ha sommerso ogni cosa: solo la punta del campanile emerge dal lago. Sul fondale si trovano i resti del paese di Curon, in Sudtirolo, terra di confini e lacerazioni, un posto in cui nemmeno la lingua materna è qualcosa che ti appartiene fino in fondo. E proprio a Curon, prima di essere spazzato via per sempre, abita una comunità che, aggrappandosi alla rabbia, sceglie di resistere.
«Se per te questo posto ha un significato, se le strade e le montagne ti appartengono, non devi aver paura di restare».
Trina è una giovane maestra di lingua tedesca costretta a insegnare clandestinamente: i fascisti hanno occupato scuole e municipi, Mussolini ha messo al bando il tedesco e ha ordinato che persino i nomi sulle lapidi vengano cambiati. Trina rischia l’arresto e la deportazione, ma è una donna caparbia, legata alla sua terra. È pronta a tutto pur di non perdere la propria identità. Così lotta e resiste: quando la guerra viene a bussare alla porta di casa, quando decide di seguire Erich sulle montagne, quando la Montecatini decide di costruire la diga che sommergerà i campi e le case.
E alla ferita della collettività, questa giovane madre è costretta a sommare la propria, personale: la scomparsa improvvisa di quella figlia adorata, che non ha mai smesso di aspettare. E a cui si rivolge nella speranza che le parole gliela possano restituire.
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Marco Balzano ha vinto il Premio Campiello 2015.
Luciana Littizzetto sul suo blog ha scritto: «È un libro che mi è entrato nel cuore e ve lo segnalo perché sono davvero grata che mi sia stata raccontata questa storia».
«Resto qui riesce a riportarci a un tempo non cosí lontano e che, in quest’epoca di rigurgiti d’odio e razzismo, è fin troppo vicino» (Antonella Lattanzi, «Vanity Fair»).
«Un romanzo che ha il pregio di crescere di capitolo in capitolo. Come succede con i narratori di talento» (Gigi Riva, «L’Espresso»).
«Una storia che racconta il dolore dello strappo quando questo è inevitabile e non si sa con chi prendersela» (Paolo Di Stefano, «la Lettura»).
«Un romanzo che si distingue per tenuta morale e impegno civile» (Gino Ruozzi, «il Sole 24 Ore»).
«Un libro su una resistenza, sul fatto che le cose si raggiungono, o si impediscono, anche attraverso le lotte democratiche» (Concetto Vecchio, «la Repubblica»).
«Una storia intima e personale» (Annalena Benini, «Io Donna»).
«Un romanzo asciutto, senza un aggettivo in eccesso, che ricorda le migliori prove del neorealismo» (Andrea Kerbaker, «La Stampa»).
«Un romanzo ambientato in un paese di confine dove anche la lingua diventa incerta, come la Storia» (Silvio Perrella, «Il Mattino»).
«Marco Balzano mette a fuoco come la separazione tra fascismi e antifascismi non sempre sia stata e sia lineare» (Tiziana Lo Porto, «D»).
«Una scrittura essenziale e delicata. E perciò ancora piú profonda e coinvolgente» (Paolo Perazzolo, «Famiglia Cristiana»).
«Un romanzo destinato a restare nella memoria» (Achille Scalabrin, «Il Giorno»).
Marco Balzano parla del romanzo su Rai Letteratura: