Chiara ValerioOgni incontro è una storia di fantasmi

Non credo sia capitato solo a me – e, a dirla tutta, continui a capitarmi – di guardare una persona che conosco e non capirne i comportamenti, addirittura i movimenti, o, viceversa, di incontrare per caso una persona sconosciuta e pensare di averla già vista, e, parlandoci – quando l’estraneo era accessibile, adesso, causa pandemia, purtroppo lo è assai meno – parlandoci, dicevo, o vendendola muovere, pensare di averla già incontrata. Ma dove? Ecco, questo “dove” che cerchiamo, non credo sia solo un luogo, penso sia anche un tempo.

Un intervallo di tempo o forse anche di spazio, chissà, in cui i ricordi si mischiano con le intenzioni, le memorie con i presagi, dove ciò che si è letto o ascoltato si mischia a ciò che si è vissuto. Perciò, non solo come diceva David Foster Wallace «ogni storia d’amore è una storia di fantasmi», ma ogni incontro è una storia di fantasmi.

Alexandre Dumas, Il conte di Montecristo, perché dai muri possono uscire – scavando – molte possibilità, e perché ai racconti fantastici di tesori nascosti bisogna credere.

Natalia Ginzburg, Caro Michele, perché anche delle persone amate non riusciamo a cogliere che le ombre.

William Shakespeare, La tempesta, perché tutti gli incantesimi finiscono, ma non bisogna mai spezzare la bacchetta e dimenticare le formule.

Simona Vinci, La prima verità, perché il posto dove vogliamo andare, anche se è lontanissimo, anche se non ci abbiamo mai camminato, è un posto dove siamo già stati.

Michele Mari, Roderick Duddle, perché i bambini possono fare tutto, anche crescere.

Julian Barnes, Il senso di una fine, perché quando una persona che hai molto amato muore, i ricordi degli altri che l’hanno conosciuta e amata a modo loro, sono una forma di futuro.

Michela Murgia, Accabadora, perché nascere e morire, talvolta, possono essere pensati come sinonimi.