Kevin PowersYellow Birds

Christian Frascella, scrittore

Caro ragazzo,

ciao. Sono Christian e sono una specie di scrittore. Ho pensato in questi giorni che dovresti farmi e farti un favore: tra una whatsappata e l’altra, se ti riesce, potresti accomodarti da qualche parte e leggere (ma anche in piedi va bene, conosco un sacco di ragazzi che leggono in piedi e mi dicono che alla fine è la stessa cosa che leggere seduti) un libro che secondo me non solo è bellissimo ma è anche fico, fico nel senso che dopo averlo letto potresti tirartela un po’ e affascinare chi ti ascolterà raccontandone la storia e il significato. Un libro che ti renderà più sexy e intelligente di chi ancora non l’ha letto o addirittura non ne conosce nemmeno l’esistenza.

Questo libro s’intitola Yellow Birds, lo ha scritto un tizio americano chiamato Kevin Powers, lo ha tradotto in italiano un bravissimo traduttore come Matteo Colombo ed è stato pubblicato da Einaudi Stile libero. Ti dico queste cose perché, di un libro, sono le informazioni più immediate, quelle che ti ricordi subito. Metti che sei sull’autobus e accanto a te c’è la tipa che ti piace parecchio, non sai cosa dirle, hai il terrore che un’altra occasione come questa non si ripresenti, e allora che fai? Chiedile come va, dille dove l’hai vista, dille che ricordi i suoi capelli (magari non è vero, ricordi tutt’altro, ma alle ragazze fa sempre piacere che qualcuno noti la loro acconciatura), poi chiedile cosa le piace fare, chiedile se le piace leggere. «Io ho letto un gran libro, l’altro giorno. S’intitola Yellow Birds, è di Kevin Powers, lo ha tradotto benissimo Matteo Colombo per Einaudi. La trama è…» Vedi che le informazioni immediate servono?

Comunque anche la trama è presto detta: è la storia di due amici, Bartle e Murphy, sono soldati e hanno poco più di diciotto anni quando partono per la guerra più stupida e inutile che sia stata combattuta negli ultimi anni, la guerra in Iraq, e il cui unico fine era assicurarsi il controllo dei giacimenti di petrolio. È Bartle che ci racconta la storia, ed è lui che, da subito, ci annuncia che non è riuscito a riportare vivo l’amico a casa, Murphy è morto, e con Murphy è morta una parte della sua esistenza. Tornato negli Stati Uniti, Bartle non ha più un centro, è vuoto, vive nel senso di colpa di essersi salvato e di non aver salvato il commilitone. Il libro piroetta tra un periodo e un altro, c’è il ritorno, c’è la guerra, Murphy è già morto, poi è di colpo vivo, c’è di nuovo la guerra, ci sono le famiglie dei reduci e quelle dei caduti, i ricordi belli dell’infanzia e lo sconquasso delle armi da fuoco.

Devi sapere che Kevin Powers non si è inventato quasi niente, perché è stato davvero in Iraq quando era molto giovane e ha visto morire tanti ragazzi come lui e come te; quando ha deciso di scrivere questa storia, ci ha messo dentro tutta la sua esperienza di essere umano e di soldato, lo ha fatto con un linguaggio poetico di straordinario impatto, eccoti solo l’inizio:

«La guerra provò a ucciderci in primavera. Quando l’erba tingeva di verde le pianure del Ninawa e il clima si faceva più caldo, pattugliavamo le colline basse dietro città e cittadine. Superavamo le alture e ci spostavamo nell’erba alta mossi dalla fede, aprendoci sentieri con le mani come pionieri, tra la vegetazione spazzata dal vento. Mentre dormivamo, la guerra sfregava a terra le sue mille costole in preghiera. Quando arrancavamo, sfiniti, i suoi occhi erano bianchi e spalancati nel buio. Se noi mangiavamo, la guerra digiunava, nutrita delle sue stesse privazioni. Faceva l’amore e procreava e si propagava nel fuoco».

Puoi notare da te la quantità di potenza racchiusa in queste prime immagini allegoriche, ogni parola è chirurgicamente inserita al posto giusto, il paragrafo è elegante e spaventoso allo stesso tempo. Questa è la lingua del libro, un vento caldo che ti accompagnerà per tutta la lettura.

Okay, non si tratta di un romanzo divertente: guerra, amici morti, solitudine e senso di colpa. Non voglio neanche mentirti dicendoti che alla fine, magari proprio alle ultime righe, accade qualcosa che dà speranza. Non è così.

Però è un libro forte, che cambierà per sempre il tuo modo di pensare alla guerra, più di quanto possano fare le immagini di un film o di un sito internet; ti tornerà in mente quando meno te lo aspetti, magari anche se ti stai divertendo, perché è giusto sapere cosa c’è dall’altra parte dell’anima persino quando sorridi.

Se sarai sincero mentre ne parlerai, la ragazza che ti piace sull’autobus ti ascolterà rapita, forse le metterai addosso una gran voglia di leggerlo, forse vi rivedrete per scambiarvi opinioni, oppure lo farete su Facebook, e insomma, si sa che da cosa nasce cosa. Ho spesso potuto constatare come dietro un grande amore ci sia un grande libro…

Perciò, ragazzo, buona lettura. E facci sapere, noi siamo sempre qui.