Matteo BussolaIl tempo di tornare a casa

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Con la sua voce inconfondibile, Matteo Bussola racconta il nostro ostinato bisogno degli altri, malgrado la possibilità di ferirsi, di tradirsi, malgrado le accuse o i rimpianti. Il suo è un inno al potere salvifico delle storie, grazie alle quali ci sentiamo tutti meno soli.

Quante esistenze attraversano una stazione affollata. Dietro i volti delle persone in fila all’edicola o al bancone del bar si nasconde un groviglio di desideri e paure, di dolori e speranze. C’è una donna che non deve partire, eppure resta seduta lí, le borse della spesa ai piedi. C’è un padre che ha smarrito il figlio, e un uomo che sta per separarsi dalla donna della sua vita. C’è un marito che vede un enorme coniglio accanto a sua moglie ogni volta che la guarda, una ragazza che riceve messaggi inattesi, un ragazzo che ha preso una decisione irreversibile. C’è il mistero indecifrabile di ogni incontro capace di farci cambiare strada, e il terrore dell’abbandono sempre dietro l’angolo.

Poi c’è uno scrittore con un buffo berretto giallo che si aggira fra i binari dopo aver perso il treno, ed è impaziente di salire sul prossimo. Perché sa che alla fine del viaggio troverà la sua famiglia ad aspettarlo. Perché «l’amore ha sempre, sempre a che fare con qualcuno in grado di riportarti a casa».

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«La vera dimensione di Matteo Bussola – nella vita dell’autore come nei libri – è fiabesca, psicoanalitica: è uno specchio magico, la pentola d’oro alla fine dell’arcobaleno. Di fatto, è ciò che lo ha portato qui, al suo quinto romanzo. Il tempo di tornare a casa racconta il dipanarsi di molte vite nell’andirivieni di una stazione. La stazione come immagine del fato. La vita come un susseguirsi di storie. E su tutto il richiamo della casa, luogo delle relazioni privilegiate, “scrigno che custodisce il tesoro del vivere”». Su «il venerdí – la Repubblica» l’intervista di Giulia Villoresi all’autore.

«Un romanzo che parla di noi» (Nicolò Menniti-Ippolito, «Il mattino»).

«I racconti sviscerano rapporti interpersonali, si avvitano intorno e dentro le stazioni, dimostrano il bisogno continuo, vorace degli altri, nonostante ferite, tradimenti, accuse, rimpianti, fallimenti» (Francesca Visentin, «Corriere del Veneto»).