Mario Rigoni SternIl sergente nella neve

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Nell’inverno del 1944 ero prigioniero dei tedeschi in un paese verso il mar Baltico. Nevicava fitto, nevicava sempre. Io guardavo attraverso le piccole finestre della baracca ricordando la mia felice libertà nel paese lontano. E nel silenzio, tra il nevischio, mi ritrovai a ricordare compagni che la guerra aveva portato via. Improvvisamente mi tornarono veri, come stessi rivivendoli, i fatti che mi erano capitati l’anno prima […]. Presi allora un mozzicone di matita che conservavo nello zaino per quella mania che avevo di scrivere il mio diario, e su pezzi di carta racimolati in fretta incominciai a scrivere.

I ricordi della ritirata di Russia scritti in un Lager tedesco dall’alpino Rigoni Stern nell’inverno del 1944 vennero pubblicati da Einaudi nel 1953 nei «Gettoni» diretti da Vittorini sotto il titolo Il sergente nella neve. Apprezzato inizialmente soprattutto per il valore della testimonianza, il romanzo ha mostrato le sue grandi qualità espressive con la progressiva distanza temporale dai drammatici avvenimenti narrati.

E ormai è giustamente considerato un classico del Novecento: per la lingua intensa e sempre concretissima, per l’alta moralità di fronte a esperienze estreme, per la totale mancanza di enfasi retorica, per il candore e la forza con cui viene rappresentata la lotta dell’uomo per conservare la propria umanità.

Leggi un estratto.

«Raccontandoci con Il sergente nella neve l’avventura della generazione cui apparteneva, Rigoni Stern avrebbe scritto per noi, venuti dopo, figli suoi, una parola definitiva sulla pietà e sulla misericordia che consentono agli uomini di continuare a guardarsi in faccia senza vergogna» (Eraldo Affinati).

«La qualità letteraria del suo stile venne compresa e apprezzata subito da Italo Calvino, sin dalla prima lettura del dattiloscritto. Colse bene l’originalità di un testo che amalgamava concretezza e incalzante ritmo narrativo, con un sorprendente lirismo» (Giuseppe Mendicino su doppiozero.com).

«Il freddo, gli errori, i compagni, i destini, le pentole, le donne e il loro ricordo. Il senso di smarrimento di un uomo che si scopre dalla parte sbagliata» (Giovanni Montanaro, «Corriere della Sera»).

«Il testo si impone per il linguaggio di estrema, immediata concretezza e insieme di penetrante intensità, oltre che, ovviamente, per la tematica, ispirata a un alto fervore etico, priva, però, di enfasi moralistica» (Antonio Saccone, «il Mattino»).

Su Rai Storia la puntata di Italiani dedicata a Mario Rigoni Stern:

Il 3 dicembre 2006, nell’ambito della trasmissione Che tempo che fa, Fabio Fazio ha intervistato lo scrittore: