Agus MoralesNon siamo rifugiati

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Ulet è somalo e ha quindici anni. Quando viene soccorso in mare ha con sé soltanto una canottiera gialla e i segni della violenza dei centri di detenzione libici. È fuggito dall’inferno eppure non riuscirà ad approdare sulle coste italiane: il suo ultimo atto di libertà, prima di perdere conoscenza per sempre, sarà guardare il mar Mediterraneo.

«Volevo scrivere un libro su persone che – come Ulet – fuggono dalla guerra, dalla persecuzione politica e dalla tortura, e che alcuni in Occidente vogliono trasformare nel nemico del ventunesimo secolo».

Ma Ulet era un rifugiato? E Ronyo, maestro del Sud Sudan rimasto nel suo paese? E Julienne, congolese stuprata dalle milizie ruandesi? Chi sono davvero i rifugiati?

Agus Morales segue le orme degli esiliati della terra, dà voce a coloro che sono stati obbligati a fuggire. Viaggia alle origini del conflitto in Siria, Afghanistan, Pakistan, Repubblica Centrafricana e Sudan del Sud. Cammina con i centroamericani che attraversano il Messico e con i congolesi che fuggono dai gruppi armati. Si addentra sulle strade piú pericolose, segue i salvataggi nel Mediterraneo, conosce le umiliazioni che soffrono i rifugiati in Europa. E sbarca presso l’ultima frontiera, la piú dura e la piú difficile da attraversare: l’Occidente.

Leggi un estratto.

«Non vogliamo sapere. Vogliamo, al massimo, informarci – che spesso è l’opposto. Sapere richiede tempo e volontà, l’intenzione di capire, l’impegno di capire […] Non vogliamo sapere: tanti e tanti non vogliono. Oltre a queste maggioranze, ci sono persone, piccoli gruppi che cercano di ribellarsi. Credono che si debba raccontare quello che molti preferiscono ignorare. Gruppi, persone: Agus Morales è una di quelle» (dal Prologo di Martín Caparrós).

«Oggi anche Einstein rischierebbe la vita in un barcone» (Agus Morales su «la Repubblica»).

«Un libro da leggere proprio adesso se si vuole sapere davvero» (Alessandra Coppola, «Sette – Corriere della Sera»).

«La lezione che si ricava da questo lungo racconto è che allontanare la violenza pensando che non ci appartenga produce l’unico effetto di vedercela restituita in forme inedite» (Angelo Mastrandrea, «il manifesto»).

«Non siamo rifugiati racconta chi sono quelli che vogliamo ignorare, che vogliamo rifiutare; da dove vengono, perché» (Lara Ricci, «Il Sole 24 Ore»).

«Un saggio che parla di una crisi che riguarda tutti» («Donna Moderna»).

«Attraverso i suoi racconti Morales riesce a instaurare con il lettore un dialogo diretto, smentendo i luoghi comuni sui (non) rifugiati e costringendolo ad interrogare se stesso» (Carla Lucia Landri, «L’Indice»).

«Un libro per capire, per guardare dentro» (Monica R. Bedana, «Left»).