Il senso di umanità dei Greci e dei Romani era migliore del nostro? Quale posto occuperebbe nel mondo antico la Dichiarazione universale del 1948?
Questo libro inizia con un episodio dell’Eneide: il naufragio dei Troiani sulle coste di Cartagine (nei pressi dell’odierna Tunisi, nel canale di Sicilia) mentre sono diretti in Italia. Enea e i suoi vengono accolti dalla regina Didone in nome dell’umanità e del rispetto verso gli dèi, perché le frontiere si chiudono di fronte agli aggressori, non ai naufraghi.
Il libro propone una triplice esplorazione della cultura antica alla luce di ciò che oggi definiamo “diritti umani”: per scoprire in Grecia e a Roma alcuni incunaboli della Dichiarazione; per misurare gli scarti che su questo terreno ci separano dalla società e dalla cultura antica; infine per mettere in luce alcune specifiche forme culturali in base alle quali Greci e Romani si ponevano problemi equivalenti a ciò che oggi definiamo diritti umani. Ancora una volta, riflettere sul mondo antico ci aiuta ad orientarci nel presente.
Leggi un estratto.
«La guida ideale per comprendere come la cultura classica si rapportava a chi proveniva da oltre il confine, alla donna, al bambino, all’uomo che oggi chiamiamo migrante» (Marco Bracconi, «la Repubblica»).
«Maurizio Bettini, tra i maggiori classicisti italiani, indaga sul “senso di umanità” dei nostri progenitori, in un continuo confronto tra i testi greci e latini, la Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948 e le notizie di attualità» (Michele Gravino, «il Venerdí»).
«Bettini ripropone, con amara ironia, i codici di comportamento degli antichi: Sofocle, Cicerone, Virgilio, Seneca» (Paolo Lago, «il manifesto»).