Un saggio d’autore, inaspettato e personale. Francesco Piccolo rilegge tredici capolavori che, con i loro protagonisti, sono entrati nelle nostre vite e hanno segnato in maniera indelebile il nostro immaginario, contribuendo a legittimare il mito della maschilità e la cultura virile.
Se l’impressione che abbiamo degli uomini è che siano potenti, arroganti, violenti, egoisti e famelici, allora, di questi uomini, ve ne sarà traccia anche nelle opere chiave della nostra letteratura, quelle che hanno in qualche modo contribuito a consolidare una certa idea di maschio. A partire dalle fondamenta, dalla settima novella dell’ottava giornata del Decameron, in cui Boccaccio mette in scena la spietata vendetta del giovane scolaro Rinieri, che sbeffeggiato e rifiutato da una avvenente vedova la punisce facendo in modo che non possa piú vantare la propria avvenenza. La morale: se si ferisce il maschio non è pena affatto ingiusta essere sfregiate a vita. Come non pensare al nostro presente. E come non pensarci leggendo delle peripezie matrimoniali di Zeno di cui scrive Svevo. Zeno Cosini, arrogante e fragile al tempo stesso, irrazionale che si finge ponderato, ma soprattutto, come ogni uomo che si rispetti, tarlato dal desiderio, che una volta piantato in testa non schioda piú e fa compiere i gesti piú sciocchi e sconsiderati. E poi ancora l’innominato di Manzoni, il Principe di Salina di Tomasi di Lampedusa, ‘Ntoni di Verga, l’Antonio di Brancati, il Milton di Fenoglio e altri maschi, tutti sempre uguali a sé stessi, vigliacchi e furiosi, gelosi e violenti, al centro di romanzi che hanno costruito il canone della letteratura italiana. Perché chi siamo ha a che fare con la famiglia, l’educazione, il mondo dove si cresce, ma anche con i libri che si sono letti.
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«Son qui: m’ammazzi non è una presa di consapevolezza, tantomeno di virilità, piuttosto, alla Alice Munro, una visione dall’alto, dove l’alto è la vita accumulata, il montaggio temporale che dà senso ai singoli istanti» (Teresa Ciabatti sul «Corriere della Sera»).
«Un tema di grande attualità affrontato con grande lucidità: un problema che riguarda senz’altro l’educazione (e quindi il modo in cui tutte e tutti siamo stati cresciuti), ma anche (e forse soprattutto) l’influenza della letteratura» (Michela Marzano, «Robinson – la Repubblica»).
«Con la sua consueta verve affabulatoria Piccolo s’immerge nella letteratura scritta dagli uomini per verificare, attraverso passi esemplari, come ha raccontato le magagne del mondo virile […]. E cosa scopriamo, alla fine, leggendo con la guida di Piccolo queste e altre pagine? Qualcosa di diverso e direi anche di opposto rispetto all’assunto. I mostri non sono mostri, ma contraddizioni viventi: ci emozionano e ci fanno pensare, ci somigliano forse, ma nessuno vorrebbe imitarli» (Gianluigi Simonetti, «tuttolibri – La Stampa»).
«Queste pagine danno la misura precisa dell’essere maschio e dei pericoli in cui può incorrere e far incorrere. La lettura di Piccolo è raffinata e godibile, è un’analisi critica non dettata dalla ricerca di una colpa ma dalla necessità di scoprire la propria differenza» (Giacomo Giossi, «Domani»).
«Piccolo è sicuro, insieme a Carla Lonzi che cita nell’introduzione a questo viaggio umano e letterario, che il mito dell’uomo nuovo sia un’assurdità, che non possa esistere davvero, che dovranno passare altre ere geologiche» (Annalena Benini, «Il Foglio»).
«Allora già si percepiva la direzione in cui stesse andando l’antropologia della contemporaneità, che resta la cifra distintiva della scrittura di Piccolo. Qui procede ulteriormente. Scava, scompone, interroga, scuote, analizza e psicanalizza, esamina, interroga il mito della mascolinità riconoscendo in questo stereotipo i tratti generativi dell’animale che si porta dentro» (Generoso Picone, «Il Mattino»).
«Piccolo scava negli anfratti foschi e inconfessabili della virilità, a denudare l’uomo e se stesso alla ricerca di quei grumi di patriarcato che, con pratiche rozze e brutali o strategie piú sottili, si accaniscono sul femminile nei secoli dei secoli» (Ilaria Solari, «Donna moderna»).
Su «La Stampa» l’intervista di Simonetta Sciandivasci.
L’autore è stato ospite a Che tempo che fa
e al programma di Rai 3 Splendida cornice.