Mariolina VeneziaCome piante tra i sassi

IIS Majorana, Torino
Docente: Claudia Leoni
Classe: I C

«La Basilicata è il paese del silenzio. Un silenzio tangibile, di una consistenza simile a quella dell’acqua. Fiumi di silenzio scorrono fra i solchi delle colline aride, nelle spaccature dell’argilla, costeggiano le rotabili, immergono i paesini sui cocuzzoli nella stessa invisibile sostanza. Il silenzio è proprio ciò di cui sono fatti i calanchi di Craco, le colline che costeggiano il Basento, il tufo dei sassi di Matera, le rocce delle Dolomiti lucane. Tutta la Basilicata è fatta di questa sostanza immateriale».

Questa citazione del romanzo Come piante tra i sassi custodisce ciò che il racconto mi ha trasmesso di questi territori: luoghi dove regna il silenzio, le ingiustizie penetrano e avvelenano il territorio e la gente che lo abita e dove purtroppo la giustizia non sempre fa da padrona. In un piccolo ufficio della procura, una donna forte, determinata e con una vena non sottile di acidità, si dibatte contro questo silenzio grottesco senza mai arrendersi. Anche quando tutto sembra perduto, quando i potenti incombono e privano della libertà idee, amore e giustizia, non si lascia intimorire, facendo tremare  al suo passaggio uomini e donne che non possono sottrarsi dai suoi acidi ma sani giudizi, e rivendicando la parità dei generi in magistratura e in qualsivoglia campo del lavoro.

Ad essere descritta non è la solita vittoria del bene sul male, ma viene messa in luce la realtà, nuda e cruda, in cui i principi di giustizia e di senso civico vengono perseguiti da pochi e infranti da molti. Di conseguenza il finale assume un carattere aperto, libero all’immaginazione del lettore che può far sua la narrazione lasciando i pensieri liberi di espandersi.

Mariolina Venezia, discutendo del romanzo, ha sottolineato un  importante punto di vista: molto spesso, per descrivere i personaggi, è piú efficace e significativo ispirarsi alla realtà, perché, nonostante la fantasia degli autori sia molto ampia, non sarà mai superiore alla particolarità, alla bellezza e alla stravaganza di ciò che già ci circonda ogni giorno. 

Inoltre è stato molto significativo il racconto del percorso fatto per diventare scrittrice, che ha impresso nella mente di noi ascoltatori un’immagine stupenda: un bambina curiosa e singolare davanti a un caldo caminetto che ascolta attentamente una favola di campagna narrata dall’anziana, ma ancora accorta, nonna. 

Successivamente, discutendo di letteratura in generale, tramite le sue parole colte e i suoi discorsi fluenti, ha invogliato a leggere, soprattutto i classici, perché la citazione di Italo Calvino: «Un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire» non può essere piú vera.

Tramite questo incontro si è aperta una porta verso il mondo della narrazione. Difatti Mariolina Venezia ha messo in luce le molteplici forme di scrittura e di scrittori, specificando che non bisogna mai attingere da un solo autore, ma impegnarsi a sviluppare una propria capacità e modalità di descrizione basata sull’osservazione e lo studio dei grandi maestri.

Infine, discutendo della parte conclusiva del romanzo, la scrittrice ha esplicitato che non sempre gli autori vogliono trasmettere un messaggio chiaro e definito. Infatti, molto piú frequentemente, inducono a riflettere su un certo tema non specificando quali considerazioni siano giuste o errate, ma lasciando al lettore il libero arbitrio. Di conseguenza la riflessione personale che scaturisce da questa lettura mi porta ad elevare, come virtú cardine di una persona corretta, valori quali la forza di volontà, giustizia, speranza e umiltà, ma allo stesso tempo fa sorgere anche una lecita domanda: è sempre sufficientemente produttivo agire secondo giustizia? E se cosí non fosse, può essere considerato legittimo agire in maniera disdicevole, pari ai tuoi nemici, per raggiungere un fine piú elevato?

Elisabetta