Piergiorgio PaterliniBambinate

Liceo scientifico Leonardo da Vinci, Terracina (LT)
Classi: I B e V B
Docente: Sandra Di Vito

In Bambinate troviamo il tema del nostos (cioè del viaggio di ritorno al paese natale) e la conclusione di questo viaggio sarà spietata quanto l’inizio. Dal 2015 attraverso un flashback si torna indietro al 1965, al 16 aprile 1965, il Venerdí santo. Nel paesino natale del protagonista si è soliti rappresentare la Via Crucis e in questo libro la rappresentazione gode di personaggi della tradizione (il Sommo Sacerdote, le Pie Donne, il Cireneo, la soldataglia, Pilato, Cristo), ma i protagonisti non stanno recitando e sono dei bambini. La Via Crucis è reale. Semo, il piccolo Cristo, sta andando veramente verso il Golgota (la Rocca) e Pilato (il protagonista), potendo impedirne la crocifissione, decide alla fine di non decidere e rimanere a guardare.

Questa scena in particolare mi ha fatto pensare a un episodio di Ragazzi di Vita di Pier Paolo Pasolini, forse perché entrambi partono da un immaginario comune: la passione di Cristo, che tante opere ha ispirato. La trama di Ragazzi di Vita è diversa, Pasolini racconta le vicende di un gruppo di ragazzi di Pietralata, uno dei numerosi quartieri dell’infernale periferia romana degli anni ’50. Il Riccetto, Marcello, Alduccio, il Caciotta, il Lenzetta, Genesio, il Begalone, il Pistoletta sono i «ragazzi di vita». Il Riccetto cresce a stretto contatto con le borgate della città e vive di espedienti piú o meno legali, come furti e gioco d’azzardo. Egli è capace anche di autentici atti di umanità, come quando, all’inizio del racconto, si tuffa nel Tevere, rischiando di morire, per salvare una rondine. Crescendo, il Riccetto si omologa agli ideali del mondo borghese, trovando una certa stabilità.

L’episodio cruciale di Bambinate è comune a un episodio raccapricciante, ma secondario, di Ragazzi di vita. I «ragazzi di vita» sul Monte del Pecoraro (il Golgota) legano al «Palo delle torture» un ragazzo debole e da tutti deriso, detto il Piattoletta, e gli danno fuoco. Il capitolo termina ex abrupto senza dire se il ragazzo muore o meno. In Bambinate, l’episodio della crocifissione di Denis, Semo, avvenuto anch’esso su un luogo rialzato che rievoca il Golgota dove Gesù venne crocifisso, la Montagnola di un paesello della Romagna («una collinetta di terra dove è bello giocare a nascondino»), è invece l’episodio culminante del romanzo. Lo è non solo per il povero Cristo di Semo, ma anche per il piccolo Pilato, che aveva lasciato colpire l’amico innocente, che era rimasto a guardare, e che a cinquant’anni di distanza si arrogherà il ruolo di giustiziere, paladino delle battaglie civili, come lui amava chiamarle («combatto il conformismo l’inconsapevolezza l’ignoranza. E la ferocia del branco, che ne è la conseguenza. E il Male, con la «M» maiuscola, che ne nasce»).

Durante il Calvario, gli adulti non vedono o fingono di non vedere la ferocia del branco, se non come una delle tante «bambinate» dei compagni di classe e di giochi di Semo. Con la crocifissione di Semo («Scemo» per i compagni di classe, il cui nome proprio è Denis) termina la seconda sezione del romanzo, in cui il protagonista e tutti gli altri sono complici e spettatori della violenza sadica di Ermes. Poi, come se niente fosse accaduto, la narrazione riprende con il racconto da parte del protagonista dell’esame di quinta elementare.

Trent’anni dopo (1995), in un altro continente, l’America, il passato ritorna con altrettanta ferocia, ma questa volta la vittima è il figlio del protagonista e lui, io narrante e senza nome, è l’adulto che non ha visto. Vent’anni dopo una banale rimpatriata tra vecchi compagni per una cena di classe offrirà al protagonista l’occasione inaspettata per ritornare al suo paese natale e chiudere i conti con il passato. Lo farà a suo modo, spiazzando il lettore, ma senza riuscire a strappare il velo tragico dei suoi autoinganni.

Federica, 5B

 

Incontro inatteso: Piergiorgio Paterlini a scuola

Il giorno 6 febbraio 2018, presso il liceo Leonardo da Vinci di Terracina, la mia classe (IB), insieme a diverse altre, ha partecipato all’incontro con Piergiorgio Paterlini, autore di Bambinate, suo ultimo romanzo, che tratta un argomento purtroppo sempre attuale: il bullismo. L’incontro si è svolto durante la giornata scolastica ed è stato reso possibile grazie alla partecipazione al progetto di lettura Lo struzzo a scuola.

In questo incontro si sono potute affrontare diverse tematiche molto interessanti e l’autore è stato letteralmente assalito da una valanga di domande. Parlando del suo romanzo breve, l’autore ci ha svelato che la ferocia dell’infanzia non conosce tempo né confini, e ogni giorno è pronta a esplodere. Fa comodo a tutti pensare a delle «bambinate» quando si deve fare i conti con la ferocia dei bambini ai danni di una vittima, invece questi episodi non sono nient’altro che il primo irrompere della violenza nella vita degli uomini.

La vicenda narrata nel romanzo e i personaggi fanno riferimento alla Passione di Cristo: c’è il Sommo Sacerdote, il Cireneo, le Pie donne e la soldataglia. I protagonisti, però, sono tutti bambini e nessuno di loro recita, nemmeno il piccolo Cristo che viene trascinato sul Golgota. Gli adulti guardano, ma non vedono.

Cinquant’anni dopo, il ragazzo che allora era Pilato, protagonista e io narrante, ritorna in paese. I bambini feroci di un tempo sono ora uomini maturi sconfitti o rancorosi, forse solo il povero Cristo invecchiato ha imparato a portare la sua croce. La resa dei conti finale è inaspettata e crudele, come allora, ai tempi dell’infanzia, fu spietato il gioco. Per quanto riguarda il finale inatteso, l’autore ci ha confessato che a causa della rabbia accumulata dal protagonista – un personaggio inquietante e spiazzante di cui non viene detto neanche il nome – le possibilità per mettere a tacere i sensi di colpa erano due: uccidersi o uccidere il bullo.

Alla fine dell’incontro siamo giunti alla discussione su due termini che spesso vengono usati in modo improprio: bullismo e baby gang. Per quanto riguarda il primo – spiega l’autore – si tratta di prepotenze persistenti che vengono rivolte a un soggetto vulnerabile per il suo aspetto fisico, per il suo carattere o per l’etnia. Prevede che ci sia un leader, un bullo, i sostenitori e gli spettatori. Quella del bullismo è una violenza soprattutto psicologica. Invece per baby gang si intende un gruppo che è rigidamente strutturato in ruoli e commette azioni criminali, che prevede rituali di passaggi e prove di coraggio per entrare a far parte di questi gruppi.

Sempre a proposito di questa differenza ci si è soffermati anche su un’altra differenza, quella tra violenze fisiche e violenze psicologiche che – a parere di Paterlini – sono piú dure da affrontare proprio perché feriscono in modo irreparabile il profondo dell’animo. L’autore ci ha confessato che questo libro non è stato scritto perché lui stesso ha subito delle violenze, ma per il fatto che tiene molto a questo tema: i bambini spesso non devono solo difendersi dagli adulti, ma anche dai propri coetani. Dunque è molto importante saper distinguere le cosiddette «bambinate» da fenomeni di bullismo.

Leonardo, IB