Giorgio SciannaLe api non vedono il rosso

Franco Casula, Cagliari

Quando la vulcanica collega di Lettere della III J, la prof.ssa Rosanna Lusci, mi ha chiesto se potevo dare il mio contributo «filosofico» in una attività proposta alla classe, il mio primo pensiero è stato: «Un’altra cosa da fare!». Poi mi ha spiegato che si trattava di un libro assegnato nell’ambito del progetto Lo struzzo a scuola che poteva, appunto, avere declinazioni su riflessioni filosofiche. Sapeva di cogliere nel segno, la collega, conoscendo la mia passione per la lettura! Perciò, ho accettato ed ho iniziato la lettura di Le api non vedono il rosso di Giorgio Scianna.

«Di chi è la colpa quando la colpa non c’è?» Attorno a questa apparente paradossale domanda ruota il romanzo di Scianna. Una domanda che potrebbe rimandare a elucubrazioni filosofiche fini a se stesse e forse senza senso se non inserita in un contesto ben preciso.

Il contesto l’ha creato l’autore di questo romanzo: a Lecce una bambina viene investita da un’auto con guida autonoma e perde la vita. Per questo motivo viene indagato non solo il proprietario dell’auto, un insegnante in pensione, ma anche l’azienda produttrice dell’auto nella persona dell’ingegnere responsabile del progetto. La narrazione, perciò, si sviluppa attorno alla figura di Giulio, l’ingegnere, e della sua famiglia, la cui normalità di vita borghese in una cittadina del nord Italia viene sconvolta da questa accusa inaspettata. Perciò Tania, la moglie di Giulio, Ale, il figlio maggiore, e Chiara, adolescente alle prese con gli studi superiori, vengono colpiti da quest’onda anomala giudiziaria. Ciascuno di loro reagisce in modo diverso. Tania sembra accettare le rassicurazioni del marito in una sorta di muta sospensione del giudizio non scevra, però, di preoccupazioni. Ale si dedica con ancora maggior fervore ai «suoi» bambini del calcio facendosi carico in particolare di uno di essi particolarmente «speciale»; sarà lui a mettere alle strette il padre sulle responsabilità di un lavoro che fino a quel momento era rimasto ai margini degli argomenti familiari. Chiara, studiosa e atleta, completa l’anno scolastico con il solito impegno chiudendosi a riccio sia fisicamente, raggomitolata sul divano, che nei suoi pensieri, nuovi e dolorosi, ma che la porteranno, unica in famiglia, ad agire concretamente. Il protagonista, Giulio, nello sforzo di rassicurare la famiglia nasconde la paura di finire in carcere per omicidio sbalestrato tra il dubbio della colpevolezza e la certezza dell’innocenza, in un contesto generale in cui il mondo giuridico ancora non ha previsto in modo chiaro le responsabilità penali dell’Intelligenza Artificiale. Gli altri personaggi, minori dal punto di vista della trama ma necessari allo sviluppo della stessa e ben delineati dall’abilità descrittiva dell’autore, hanno la funzione di caratterizzare in modo preciso le dinamiche interiori dei protagonisti e le loro decisioni e scelte d’azione. Tutti sono fondamentali ma in particolare sono da evidenziare le figure dell’avvocato difensore di Giulio; quella del giudice delle indagini preliminari la cui precisione e meticolosità lo rende severamente indecifrabile agli occhi dell’accusato; l’amica di famiglia, confidente di ciascun membro di essa ma soprattutto di Chiara alla quale svelerà il segreto che dà il titolo al romanzo, metafora eccellente della domanda iniziale e, quindi, emblema della riflessione cui sono sottoposti i protagonisti della vicenda e coloro che leggono questo libro.

Il romanzo, dunque, procede su due binari che si intersecano continuamente: le vicende personali e le relazioni tra i personaggi (soprattutto quelle tra genitori e figli in età adolescenziale), riguardo alle quali non aggiungo altro per lasciare il piacere della scoperta a chi vorrà leggerlo, e la riflessione etica sul concetto di responsabilità personale e penale. Proprio in relazione a questo secondo binario è stato richiesto, appunto, il contributo filosofico di cui si è detto all’inizio. Si è cercato quindi di trovare degli stimoli di riflessione che si sono dimostrati poi un’imprevista scoperta anche per il sottoscritto. Ci siamo serviti, dunque, di alcuni contributi che hanno permesso di sviluppare la discussione insieme alla collega e ad alunni e alunne, discussione che pur essendo stata limitata a causa del tempo alla fine è risultata proficua e interessante. Rimane la speranza che sia stato uno spunto per una riflessione personale che le ragazze ed i ragazzi della III J si porteranno dietro negli anni a venire. Il primo contributo è stato preso dal sito online Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica (Dir. Resp. Avv. Giacomo Romano).

In esso l’autore parte dalle Leggi della Robotica di Asimov a cui fa riferimento una Risoluzione del Parlamento Europeo (del 16 febbraio 2017) recante raccomandazioni alla Commissione concernenti norme di diritto civile sulla robotica, punto T: «le leggi di Asimov devono essere considerate come rivolte ai progettisti, ai fabbricanti e agli utilizzatori di robot… [omissis]». Anche solo far notare che una risoluzione ufficiale facesse riferimento a un’opera di fantasia come base giuridica di norme future è stato motivo di curiosità e meraviglia da parte degli alunni e delle alunne che inizialmente sono rimasti interdetti. Nel breve ma chiaro ed efficace brano in esame si è giunti al punto che sembrava essere stato scritto apposta per la nostra riflessione: è il caso, ad esempio, delle automobili con il pilota automatico, programmate per scegliere il «male minore» in situazioni di pericolo e che, quindi, in circostanze estreme, si trovano a dover decidere se sia preferibile cagionare la morte di un pedone piuttosto che sacrificare la vita del proprio passeggero. Questo è uno dei tanti aspetti su cui fa riflettere il romanzo. L’autore dell’articolo, quindi, spiega che in riferimento a questa tipologia di situazioni si sono sviluppate due correnti di pensiero: quella che ritiene possibile che la macchina sia penalmente responsabile del reato compiuto e quella invece che «machina deliquere (et puniri) non potest». Questa seconda tesi si basa sul «principio di colpevolezza» secondo cui la macchina non può essere ritenuta responsabile «in quanto questo non sarebbe frutto di una libera scelta, bensí di un’azione dovuta in base al software di programmazione interno». A questo proposito l’autore richiama l’art. 27, co. 1, della nostra Costituzione: «la responsabilità penale è personale» e abbiamo riflettuto brevemente sul significato di questa espressione e se, appunto, potesse essere applicata alle Intelligenze Artificiali. Nella constatazione, come già detto, dell’ancora assente normativa specifica, abbiamo comunque potuto evidenziare che l’argomento è ormai oggetto di interesse sempre piú diffuso e abbiamo verificato, ad esempio, che nel novembre del 2017 all’Università per Stranieri di Perugia si è tenuto un Convegno dal titolo Intelligenza artificiale e responsabilità i cui atti sono stati poi pubblicati da Giuffrè Editore e curati da Ugo Ruffolo. Quando poi siamo passati ad analizzare l’ultimo contributo proposto, la riflessione sulla distinzione dei due tipi di etica operata da Max Weber, abbiamo definito in generale l’etica delle intenzioni o dei principi cioè l’unico criterio per distinguere il giusto dall’ingiusto e l’etica della responsabilità o delle conseguenze, cioè l’aspetto piú inerente alla nostra discussione, per cui per poter giudicare un’azione dobbiamo tenere conto delle sue possibili conseguenze: questo è il perno su cui ruota la trama del romanzo ed è stato lo spunto che ha dato la possibilità alle giovani menti della classe di poter riflettere ed esprimere le loro impressioni che si sono maggiormente concentrate sulla decisione dell’autore di non indicare alcun colpevole, questione su cui si sono concentrate le domande dei ragazzi durante l’incontro con Giorgio Scianna.

Rimane la certezza che il loro contributo non solo è sempre arricchente ma è anche spesso sorprendente. Le api non vedono il rosso di Giorgio Scianna: un libro adatto ai ragazzi ma che deve essere letto da tutti perché ciascuno e ciascuna di noi può trovare un motivo per riconoscersi o per mettere in moto il pensiero.

Franco Casula, insegna Filosofia e Scienze umane all’IIS De Sanctis Deledda di Cagliari.