Frances Hodgson BurnettIl giardino segreto

Angela Pesce (Bologna)

«Da bambina non ero una gran lettrice» inizia così l’introduzione di Alice Sebold del Giardino segreto di Frances Hodgson Burnett.

Sei ragazzi di seconda media scelti per partecipare a un gruppo pomeridiano di recupero. Ecco, di certo neppure in questo caso si tratta di gran lettori. Ci sono ragazzi che escono dalla scuola media senza avere mai letto un libro, un libro intero, un libro da soli, un libro in camera la sera, un libro in spiaggia, un libro per piacere o per dovere. Non leggono e basta. Perché leggere è difficile, perché si trovano in situazione di difficoltà dal punto di vista linguistico o dal punto di vista sociale. I primi, di recente immigrazione, incontrano l’ostacolo della lingua italiana ancora in parte segreta; i secondi non hanno trovato spazio per i libri all’interno di vite faticose, di vite senza adulti di riferimento, di vite senza case. Alcuni tentano la lettura e l’abbandonano, altri la rifiutano a priori. Entrambi provano rabbia verso i libri, la collera di chi non può scegliere se leggere o no, di chi semplicemente non può.

La collera di Mary Lennox, la protagonista del Giardino segreto.

Allora decido di leggere con loro il Giardino segreto e di ripercorrere il percorso di formazione di Mary, che da bambina indifferente, viziata, antipatica, sempre arrabbiata e terribilmente sola, diventa una bambina curiosa, incontra degli amici, scopre la voglia di vivere, il piacere di prendersi cura delle cose e delle persone e il piacere di leggere, di leggere insieme al suo nuovo amico Colin i bellissimi libri illustrati che gli regala il padre, ma anche di leggere il mondo che le sta attorno, la brughiera dello Yorkshire, le stanze segrete di Misselthwaite Manor, gli sguardi degli altri.

Mary Lennox ha nove anni e vive in India, affidata alle cure di servi che assecondano tutti i suoi capricci, mentre il padre che ricopre un ruolo importante nel governo inglese, è sempre lontano e la madre, donna bellissima, non si occupa di lei. Dopo la morte per colera di entrambi i genitori e dei servi a cui era affidata in India, quello che potrebbe sembrare l’ennesimo evento sfortunato della vita di Mary, cioè il trasferimento in Inghilterra a casa di uno zio del tutto sconosciuto, l’ennesimo adulto assente, in un palazzo enorme di quasi seicento anni con cento stanze di cui la maggior parte chiuse a chiave, immerso in una brughiera sterminata miglia e miglia di terra brulla che agli occhi della bambina sembra mare, si rivela invece l’occasione per Mary per cominciare a vivere. Incontra Martha, una giovanissima domestica poco più che coetanea, ultima di dodici fratelli, che sta seduta sui talloni e ama la brughiera. Martha non obbedisce a Mary e si rifiuta di servirla in tutto, come accadeva in India. Nell’incontro scontro con Martha e con la sua vitalità irriverente, Mary appare a me e ai miei studenti per la prima volta una bambina, per la prima volta piange fino a singhiozzare, si accorge di essere sola e lontana dal mondo che aveva sempre conosciuto e intravede in Martha una possibile amica.

L’amicizia con Martha è il motore del cambiamento della storia, gli aggettivi che fino ad ora avevano definito Mary: arrabbiata, acida, sgarbata, fredda e impassibile, lasciano spazio a nuove parole: gioia, stupore e trepidazione, Mary diventa curiosa, comincia a sentirsi felice e sul suo volto appare per la prima volta una specie di sorriso. Mary che non aveva mai avuto appetito, scopre cosa vuole dire avere fame e la magrezza e il pallore svaniscono lentamente: prende peso e colorito e non sembra neppure più così brutta come all’inizio del libro.

Nel frattempo i miei studenti seguono il cambiamento di Mary. Mentre Mary diventa una bambina curiosa e felice anche i miei lettori abbandonano la rabbia verso il libro e la diffidenza verso le pagine troppo fitte e le parole non sempre comprensibili e si mettono in gioco.

Mary inizia a leggere se stessa e il paesaggio che la circonda, e i ragazzi iniziano a leggere la sua storia.

Arrivano così velocemente alla scoperta del giardino segreto e all’incontro con il cugino Colin, un bambino convinto di essere malato e destinato a morire presto, un bambino triste e antipatico nel quale ci sembra di rivedere la Mary dell’inizio della storia. Ma ormai i miei studenti hanno la chiave di lettura: hanno saputo leggere la storia di Mary e ora sanno leggere la storia del giardino che tornerà a vivere e del piccolo Colin che tornerà a camminare.

Così i ragazzi insieme a me, che li accompagno nella lettura e un po’ leggo per loro, scoprono la sorpresa finale: un adulto che ritorna. Il padre di Colin, lo zio di Mary, l’unico adulto rimasto che, chiamato dalla mamma di Martha, anche lei come la figlia motore della vicenda, torna a Misselthwaite Manor, torna nel giardino segreto e scopre che la vita può cambiare. Che il mondo si può leggere in modo diverso: quel giardino abbandonato, dove anni prima era caduta la mamma di Colin, poi morta, quel giardino di cui da allora lui aveva sepolto la chiave, diventa ora spazio di nuovo vivo, come Mary e Colin.

Un libro che si può leggere alla scuola media, con quelli che non sono “dei gran lettori”, e con tutti gli altri, perché la scuola media è la scuola dove si cambia, e fa molta paura.

Angela Pesce è insegnante di lettere specializzata in sostegno presso la scuola secondaria di primo grado Guinizelli (Bologna).