J. D. SalingerIl giovane Holden

IISS Paciolo-D’Annunzio, Fidenza
Classi: I A, IB, IIA, II B linguistico
Docente: Marilisa Antifora

Intervista degli studenti al traduttore Matteo Colombo

Quanto tempo ha impiegato per tradurre Il giovane Holden?

Ho avuto due anni per lavorare a questo libro. Sono tempi veramente insoliti per l’editoria, ma siccome non c’era una particolare urgenza e volevamo tutti fare un buon lavoro e curare questo libro che è simbolico del catalogo Einaudi, abbiamo deciso di fare le cose con calma. Questo mi ha dato modo di lavorarci tanto, e il tempo è una delle cose che in traduzione servono di piú: puoi lasciar riposare il lavoro che hai fatto, te ne allontani un po’ per essere meno coinvolto e ti riavvicini poi come se non fosse tuo, come se anche tu leggessi quelle pagine per la prima volta.

Perché la casa editrice ha deciso di pubblicare il romanzo lasciando in bianco la copertina? Ha contribuito anche lei a questa scelta?

No, io non ho avuto un ruolo nella scelta della copertina perché questo generalmente non compete al traduttore. Però la storia de Il giovane Holden dal punto di vista delle copertine è interessante: nella prima edizione del libro, edita da Einaudi nel 61, c’è un’immagine colorata, ma non proprio realistica, di un bambino con un gelato. Nell’edizione successiva la copertina comincia a svuotarsi: rimane un po’ di colore ma l’immagine diventa completamente astratta. Un processo che avverrà in modo sempre maggiore: la copertina diventa bianca con un quadrato vuoto e infine, nell’edizione attuale, totalmente bianca. Perché è successo questo? Perché J. D. Salinger non voleva assolutamente che ci fossero immagini in copertina; litigò con la casa editrice, minacciandola di non concederle i diritti delle pubblicazioni successive. Voleva che nulla si frapponesse tra ciò che scriveva e i suoi lettori, voleva che il suo rapporto con loro fosse diretto, cosí da lasciare completamente spazio all’immaginazione del destinatario.

Com’è stato lavorare a un classico senza tempo di fama mondiale? È indubbiamente un libro che ha cambiato la vita di tante persone: non ha sentito una sorta di responsabilità nel modernizzarne il linguaggio?

Quando un libro conferma il suo valore nel corso del tempo vuol dire che lo scrittore ha trovato una chiave, un canale per parlare ai lettori indipendentemente dallo spazio e dal tempo. E questa è la natura di un classico. Per cui sí, sicuramente ci si avvicina a questo tipo di lavoro con un senso di responsabilità maggiore. Nel mio caso c’è stata anche parecchia paura, lo confesso, per la natura di questo libro: Il giovane Holden è molto caratterizzato dal modo in cui il suo protagonista parla, da questo linguaggio gergale. Mi piace pensarlo come un monologo di duecento pagine in cui riusciamo a sentire la voce di questo ragazzo. Quando questo libro uscí negli Anni 50, creò in America un certo scandalo, sia perché dedicare a un personaggio adolescente il ruolo principale del romanzo era una cosa mai successa. E poi perché Salinger decise di farlo parlare come parlavano gli adolescenti di allora: con le parolacce, con un senso delle frasi che a volte si perde, con pensieri lasciati a metà. Insomma, con uno stile molto vicino alla vita reale che non si era mai visto nel tempio sacro della letteratura. In Italia, d’altra parte, Adriana Motti, la prima traduttrice, si trovò di fronte a un problema grandissimo: come far parlare questo personaggio in modo che venisse capito da Treno a Palermo? Non esisteva allora un gergo comprensibile in tutta Italia che permettesse di fare una traduzione fedele. E quindi Adriana Motti fece un salto d’immaginazione, come spesso viene richiesto ai traduttori: si inventò una lingua, che oggi ci suona molto bizzarra, ma che negli Anni 60 conquistò i lettori proprio per la sua novità e la freschezza. Come spesso succede però la lingua delle traduzioni invecchia molto in fretta, soprattutto se il libro è molto gergale. Ecco il motivo di una nuova traduzione. Si è sentita la necessità di una lingua che riavvicinasse i lettori naturali di questo libro – che siete voi, cioè le persone che hanno l’età di Holden – e li aiutasse a entrare nella storia, anziché respingerli.

Come si riesce a tradurre da una lingua all’altra parole che si possono definire di slang? E quanto tempo ci vuole per trovare la parola piú affine al contesto?

Una vita. Vi faccio un esempio significativo: phoney. Phoney è una delle parole che Holden ripete piú spesso e che indica, per lui, tutto quello che non va bene: le persone false, disoneste, che si danno troppe arie, che fingono di essere quello che non sono. Questa parola era stata tradotta in molti modi diversi nella prima traduzione. Io ho cercato di essere un pochino piú vicino a questa tendenza che ha Holden di ripetere le stesse parole. Quindi nel caso di phoney mi sono scervellato per trovare una parola sia che rispettasse il significato – la traduzione letterale è fasullo – sia che potesse essere usata nei tanti punti del libro in cui ricorre. Alla fine, riflettendoci e consultandomi, ho deciso di usare la parola ipocrita e delle sue piccole varianti; ad esempio, una persona può essere phony ma anche una stretta di mano può esserlo. E quindi la mia traduzione sarà: «una stretta di mano da ipocrita».