Silvio D’Arzo Casa d’altri
Francesco Targhetta (Conegliano, Treviso)
«Senza dubbio, uno dei migliori libri che io abbia mai letto». Sorrido, leggendo il finale perentorio con cui una studentessa di quinta ginnasio suggella la sua recensione a Casa d’altri di Silvio D’Arzo – che avevo consigliato, in alternativa ad altri due libri, come lettura natalizia. Avevo avvertito la classe: «È un racconto lungo in cui si narra l’incontro tra un prete e una vecchia in un paesino di montagna. E no: non è una storia d’amore».
Se c’è un pregiudizio duro a morire, quando si è giovani lettori, è il contenutismo, secondo l’equivalenza: libro triste = libro brutto. Da insegnante, ho sempre deciso di affrontare questo atteggiamento di petto, senza mai considerare, se non in casi estremi, il criterio dell’effetto depressivo, con la speranza, dopo le discussioni in classe, che anche lo studente più legato al culto del lieto fine («ma prof, che peso, alla fine muoiono tutti!»), si renda conto come sia la bellezza a darla, la felicità. E la bellezza può stare ovunque: persino a Montelice.