Liceo scientifico Leonardo da Vinci, Salerno
Classe: IV A e IV B
Docente: Daniela Giacomarro
Che cos’è la vita? E quanto conta per un ragazzo di vent’anni? A fornire queste risposte è il romanzo Emanuele nella battaglia. Solo il regista Daniele Vicari poteva raccontare e trasformare in parole le tragiche immagini che, come fulmini, appaiono nella sua mente quando, un mattino di marzo del 2017, apprende la notizia della morte di un ragazzo curioso e sveglio, che, insieme al padre, andava a caccia nei boschi della Ciociaria, Emanuele Morganti.
Il protagonista muore a vent’anni, una sera, massacrato da un gruppo di conterranei, di fronte a una moltitudine inerme, spettatrice omertosa. Perché la vita di Emanuele si è interrotta cosí presto? Soprattutto cosa ha scaturito questa furia omicida? Emanuele non ha fatto nulla, ma davvero nulla. La sua unica colpa è quella di essersi trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato. Ha semplicemente detto a un ragazzo strafatto di smetterla di spingerlo contro il bancone della discoteca di Alatri, dove stava trascorrendo la serata, lui che voleva soltanto divertirsi dopo una settimana di lavoro.
Nei giorni successivi il paese è preso d’assalto dai giornalisti, percorso da fiaccolate e indagini. Tutti ne parlano. Emanuele è vittima dell’infamia e dell’indifferenza. Il delitto diventa un evento mediatico che coinvolge una famiglia già affranta dal dolore.
L’indagine di Vicari passa attraverso il cuore e gli occhi di Melissa, la sorella maggiore di Emanuele, che ha fatto della “caccia” alla verità la sua unica ragione di vita e che ha voluto restituire al fratello la dignità di ragazzo per bene, sensibile, spiritoso, sorridente, affettuoso e solare. Melissa, come la sorella di Stefano Cucchi, è sofferente, ma combattiva, spinta dalla volontà di rendere giustizia al fratello, e lotta perché non ha niente altro da perdere se non altre lacrime.
Allo scrittore non interessano la ricostruzione dei fatti e gli esiti dei processi, ma il suo intento è quello di capire cosa spinge un uomo a provocare la morte di un altro con tanta violenza, brutalità e perché queste persone sono tanto infelici da rifugiarsi nella droga e nell’alcool per affermarsi.
«Emanuele è stato ucciso da tutti quelli che sono rimasti a guardare», «C’è stata un’omissione di soccorso», queste sono le parole pronunciate dalla sorella e dalla madre durante alcune interviste televisive.
Vicari raccontando l’insieme di ciarlatani e avvoltoi che hanno cercato di depistare e ricavare vantaggio da questa disgrazia ingiustificabile, rivela l’omertà, le maldicenze e la diffamazione che hanno caratterizzato i giorni successivi alla tragedia.
Abbiamo letto il libro di Vicari nei terribili giorni che sono seguiti al crudele omicidio di Willy Monteiro, e abbiamo con tristezza realizzato che la brutale e cieca violenza degli uomini si ripropone sempre, che la disumanità fa parte del genere umano, che è difficile credere nell’uomo.
Questi due fatti di cronaca, cosí simili, cosí orribili, attestano ancora una volta quanto sia complicata la realtà dei giovani di oggi, in una società che si rivela omertosa, che alimenta i miti della forza, dell’arroganza, della sopraffazione.
Emanuele e Willy vivevano l’invincibilità della giovane età, in cui si progetta il futuro e si pensa a tutto fuorché alla morte.
Nel libro le numerose e contraddittorie testimonianze dei presenti, il dolore e la sete di giustizia della famiglia sono gli elementi chiave del romanzo, che tiene avvinto il lettore in una narrazione a piú voci, che lascia addosso una sensazione di incredulità ma anche di sdegno per come si sono svolti i fatti. La paura fa parte di noi, però quando il senso di giustizia, l’obbligo della verità lasciano il posto al silenzio, colpevole perché connivente con l’atrocità commessa, tutti noi cittadini del mondo abbiamo perso una parte di noi stessi.
«Se lo scegli, stare da solo è la cosa piú bella del mondo, ma è strano il fatto che, se non lo scegli, se ti lasciano solo, allora è la fine».
Emanuele è stato lasciato solo!
Francesca
Andrea