Storie di cacciatori, di animali selvatici, di cani, di montagne in cui si respira l’anima degli spazi aperti e di paesaggi impervi solo sfiorati dalla presenza umana. Questo è Il bosco degli urogalli: una serie di racconti pubblicati dapprima in varie riviste e poi raccolti in un’antologia per volere di Italo Calvino, riproposti in quest’edizione con una nuova prefazione di Paolo Cognetti.
Con una limpida immediatezza di ciò che ci circonda e insieme un accento di fiducia nella vita, Rigoni Stern ci parla di villaggi chiusi nell’inverno con il grato fuoco delle cucine, della solitudine delle albe per i sentieri delle montagne, dei silenzi che riempiono i boschi. E attraverso un linguaggio lirico e allo stesso tempo semplice, restituisce al lettore i paesaggi fraterni e familiari del «sergente Rigoni Stern» e tutto l’amore per il suo mondo alpino.
«In questi racconti mi sembra, oggi, di leggere la terapia di un sopravvissuto a battaglie e a Lager. La medicina insostituibile dell’ambiente naturale; ma non di bacche, erbe, radici officinali: di boschi, di aria, di neve, di montagne, di caccia per ritrovare amore alla vita […]; non per dimenticare ma per superare quello che era accaduto negli anni tra il 1940 e il 1945 quando la vita sembrava innaturale e la natura scomparsa o morta nel cuore di tanti uomini» (Mario Rigoni Stern, La natura nei miei libri).
Leggi un estratto.
«Era uno scrittore grandissimo, aveva la grandezza che hanno i solitari» (Ferdinando Camon).
«L’atto di nascita del nostro piú grande scrittore di montagna» (Paolo Cognetti).
«La vita armonica dell’Altopiano, le guerre vissute dalla sua gente sull’Altopiano stesso o sui fronti delle aggressive guerre fasciste sono diventati grazie a Rigoni Stern un patrimonio dei lettori italiani ed europei» (Goffredo Fofi, «Il Sole 24 Ore»).
«Un uomo e uno scrittore in costante ascolto» (Enrico Grandesso, «Avvenire»).
«Questo Suo libro mi è piaciuto singolarmente: mi pare che sia importante, e che venga a inserirsi in un vuoto, in una lacuna della nostra letteratura, cosí povera di esperienze di vita e di odore di natura […] Ho una sola riserva da fare sugli Urogalli: è troppo breve, finisce troppo presto» (Primo Levi).
«Ciò che appare oggi come lascito fondamentale di Stern è il senso del limite: comprendere che la natura ci può fornire tutto ciò di cui abbiamo bisogno, ma non tollera eccessi, prepotenza e sfruttamento» (Luca Mercalli, «La Stampa»).
L’intervista del 2002 condotta dallo scrittore Oreste Pivetta e riproposta da Radio3: