Liceo classico Vittorio Emanuele II, Lanciano (CH)
Classe: V A
Docente: Antonella Festa
Esiste un’età senza paura?
È questo un grande interrogativo su cui ci invita a riflettere L’età fragile di Donatella Di Pietrantonio. L’autrice si ispira a un fatto di cronaca nera realmente accaduto sulla Maiella negli anni 90 e lega quel passato non remoto al presente dei personaggi segnato da una pandemia. C’è una verità universale nella fragilità raccontata: non si tratta solo dell’età adolescenziale, ma di tutte le età della vita in cui ci si scopre vulnerabili, esposti, nudi di fronte al mondo.
Di Pietrantonio affronta i temi della memoria collettiva e individuale, il senso di colpa e il peso del passato sul presente. L’autrice esplora come gli eventi traumatici del passato ricadano sulle vite dei personaggi nel presente. La memoria diventa un fardello, ma anche una fonte di identità e appartenenza. La redenzione, in questo contesto, non è facile da raggiungere, ma passa attraverso l’accettazione del passato e la riconciliazione con esso.
Il romanzo indaga anche la dinamica tra comunità e solitudine. La comunità montana abruzzese è un microcosmo in cui le vite dei personaggi sono intrecciate tra loro. Tuttavia, nonostante questa vicinanza fisica, molti personaggi sperimentano una profonda solitudine emotiva.
La natura stessa è rappresentata come un personaggio a sé, tanto benevola quanto minacciosa: le montagne, la terra e il paesaggio abruzzesi non sono semplici sfondi, ma esprimono i conflitti interiori dei vari personaggi e danno luogo a violenze e abusi. È come se il paesaggio stesso incarnasse le fragilità raccontate nel romanzo: non è solo l’adolescenza di Amanda ad essere fragile, ma anche l’età adulta della madre, che porta con sé il peso del passato e si sente in colpa per non essere riuscita a proteggere le persone a lei care. C’è la fragilità di chi è scampata alla violenza e deve convivere con il peso e il dolore silenzioso della sopravvivenza. C’è la vulnerabilità di un territorio su cui incombe la minaccia della speculazione edilizia. Queste “età fragili” si intrecciano in un puzzle di eventi che si svelano lentamente. Non ci è mai concesso di comprendere appieno la vera essenza di personaggi, eppure il loro dolore, la loro vulnerabilità e la loro complessità sono cosí tangibili da apparire vive. Anche alla fine, quando sembra di aver afferrato un senso nelle vicende, rimangono ancora delle sacche di incertezza, dei punti oscuri che ci invitano a riflettere sul vero significato di certe emozioni e su come portiamo dentro di noi il peso di ciò che non possiamo mai spiegare ed esternare completamente. L’età fragile non è solo un romanzo sulla fragilità umana, ma anche un’opera che ci ricorda come la verità sia spesso incompleta. C’è sempre un’ombra che ci perseguita, qualcosa che rimane inerme, in silenzio, qualcosa che non possiamo mai veramente condividere con gli altri ed è proprio questa parte nascosta che conferisce forza alla narrazione.
Uno dei punti di forza di questo romanzo è la scrittura incisiva, che riesce a rendere tangibili temi che spesso vengono posti in controluce. Un tratto distintivo dell’autrice è la capacità di portare per iscritto il silenzio. Essenziale, ma mai banale, il linguaggio è intriso di una forza evocativa rara, ogni parola appare scelta con cura, come se fosse una pietra preziosa da incastonare in un mosaico piú grande. C’è un’eleganza nella sua prosa che seduce, che costringe a rallentare per assaporare ogni frase, ogni immagine, un invito a guardare dentro le crepe della nostra esistenza, non per giudicarle o ripararle, ma per riconoscerle come parte di ciò che siamo.
Dopo L’Arminuta e Borgo Sud, Donatella Di Pietrantonio dimostra ancora una volta il suo straordinario talento nel dare voce a chi spesso resta in silenzio, intrappolato nelle proprie fragilità e nelle difficoltà di relazionarsi con sé stessi e con gli altri.
Oreste Marco, Eleonora, Benedetta, Nicola, Samuele