Fabio GedaLa scomparsa delle farfalle

Liceo Nomentano, Roma
Classe: III M
Docente: Silvia Vitucci

Ciao Fabio, ti do del tu sperando di non risultare offensiva. Sono Giulia, ho sedici anni. Oltre a La scomparsa delle farfalle ho letto, meno recentemente, Nel mare ci sono i coccodrilli e Anime scalze. Leggendo La scomparsa delle farfalle e rileggendo alcuni dei passi che sono stati per me significativi, mi sono chiesta quanto ci possa essere di autobiografico in questo libro, immaginando lo sia. Mi sono interrogata su questo aspetto perché mi rende incredula pensare che tutte le storie dei personaggi, i loro profili, le dinamiche che intercorrono tra loro sono essenzialmente l’esito dell’immaginazione. Per esempio, in riferimento alla signora Lena, leggendo di lei che prepara i biscotti con la ricetta del marito defunto a cui promise di non comprare mai una scatola di biscotti, mi sono chiesta se chi ha creato questo personaggio abbia prima conosciuto una donna con una storia analoga. Riguardo ad Azeglio mi sono interrogata allo stesso modo e anzi mi sarebbe piaciuto conoscere la storia della sua vita, gli eventi che lo hanno portato a essere un uomo apparentemente solo e con molti debiti, pur avendo un cuore grande (e penso che lo abbia; per esempio, perché ha aiutato Anna in un momento molto delicato e difficile da affrontare da soli). Mi ha colpito particolarmente la vicenda di Anna e di suo padre, mi chiedo se anche qui ci sia qualche elemento che si ispira a vita realmente vissuta e come tu sia riuscito a inventare una storia come quella della sua famiglia. Questa vicenda è un esempio di come sia effettivamente possibile sentirsi nel posto sbagliato e non a proprio agio in uno degli ambienti che dovrebbe essere tra i piú accoglienti nella vita di un essere umano.

Giulia

 

Caro Fabio, sono Sara, una ragazza di sedici anni che ha letto la sua piú recente pubblicazione, La scomparsa delle farfalle, e ne è rimasta davvero colpita. In questa lettera voglio parlarle dei miei pensieri sull’opera in generale e su una precisa parte di essa. Penso che il libro sia molto interessante nel suo insieme. Infatti, pur essendo oggigiorno popolare la scrittura sull’esperienza dell’adolescenza, alcuni elementi della sua opera distinguono questo libro da tutti quelli con cui ha in comune il tema principale. Vorrei evidenziare, tra queste particolarità, quello che, secondo me, piú conferisce originalità all’opera: la frequente presenza di salti temporali. Essi infatti permettono al lettore di leggere un’opera sull’adolescenza, ma creano allo stesso tempo un’attenzione mirata sul cambiamento, un tema intrinseco a quello della gioventú. È opportuno notare come non necessariamente il cambiamento mostrato sia anche una crescita vera e propria: lo sarà sempre se ci si focalizza solo sull’età, mentre non è detto che vi sia una crescita morale del personaggio in questione. Potremmo prendere come esempio il padre di Andrea, il quale rimane, pur col passare degli anni, sempre abbastanza distaccato dalla famiglia da lui originariamente creata. Al discorso del cambiamento si lega un’altra scelta stilistica che ho gradito particolarmente, ovvero la scrittura del finale. Infatti, alla fine del libro, avviene un cambiamento della vita, e quindi anche della mentalità, di Andrea: egli si trasferisce e comincia a vivere quasi in autonomia, appropriandosi dunque di responsabilità che in precedenza non erano sue. Ciò che piú mi ha colpito è la possibilità data al lettore di interpretare a proprio modo il finale, in particolare trovando una risposta alla domanda: “il cambiamento di Andrea scaturito da questa sua scelta è una crescita?” Alcuni dei lettori potrebbero infatti interpretare la scelta come l’atto determinante dell’inizio della sua maturità, il momento in cui conclude un grande capitolo della sua vita, l’adolescenza, per cominciarne un altro, entrando nel mondo degli adulti; al contrario, altri invece potrebbero non percepire un progresso nella sua vita, ma solo una nuova pagina del suo capitolo adolescenziale, ovvero pensare che egli abbia soltanto voluto appagare i suoi desideri da giovane curioso e spensierato non ancora entrato nel mondo degli adulti. Personalmente ho pensato alla prima quando sono giunta alla fine del libro, ma mi sono anche accorta dell’esistenza di quella seconda e diversa visione dei fatti. È impossibile per il lettore definire se la sua risposta alla domanda sopra citata sia “corretta”. Detto ciò, mi incuriosisce sapere se per lei esiste davvero un’opzione “corretta”. Se sí, quale sarebbe il criterio per definirne una tale? La sua interpretazione personale o l’interpretazione che sembra dare Andrea? E soprattutto è possibile che qualsiasi interpretazione di un lettore o di una lettrice sia “corretta”?

Sara