Ogni volta in cui mentiamo, che lo si voglia o no, stiamo costruendo una storia. Che si tratti di una cosiddetta «bugia bianca» – ovvero una menzogna pronunciata a fin di bene, spesso per non ferire qualcuno – o di una bugia vera e propria, l’arte di affermare qualcosa di non corrispondente al vero si perde nella notte dei tempi. Falsificare la realtà, però (e tutti noi ne abbiamo esperienza), non è affatto facile: quante volte accade di non ricordare ciò che si è inventato?
Eppure in alcuni casi mentire significa sopravvivere. Cosí accade a Samuele Stocchino, destinato a diventare a metà Novecento uno dei banditi piú feroci della Sardegna: la riscrittura fantastica della sua vita compiuta da Marcello Fois in Memoria del vuoto è un susseguirsi di falsità e verità inaccettabili.
Nella torrida estate del 1935, in Inghilterra, ha invece inizio quel gioiello che è Espiazione. Siamo nella lussuosa casa di campagna dei Tallis, e McEwan mette in scena i turbamenti dell’adolescenza: la tredicenne Briony ricorre alla forza dell’immaginazione per deformare a suo uso e consumo – e a scapito di qualcun altro – la realtà.
L’America di JFK è poi lo scenario dell’appassionante mémoire di Tobias Wolff, che narrando della truffa ordita ai danni del suo college quando aveva sedici anni individua l’origine della propria carriera di scrittore.
Approdiamo infine in Romania, a metà degli anni Ottanta: il piccolo Dzsátá è convinto che il padre, uno scienziato, sia andato via da casa per progettare una stazione di ricerca in riva al mare, mentre invece sta lavorando a uno dei faraonici progetti di Ceaușescu; il regime totalitario, ci racconta Dragomán, è un luogo in cui non sempre conviene dire la verità.
A ciascuno di questi libri si accompagna – seguendo di volta in volta strade necessariamente tortuose – l’altra faccia della menzogna. Quella piú difficile da accettare, soprattutto se siamo stati noi le vittime dell’inganno: il perdono.
Marco Peano è autore di L’invenzione della madre.