Ciascuno di noi fa il suo ingresso nel mondo in una famiglia, che sia numerosa o minuscola. Famiglia è chiunque ci accolga in quei primi momenti di vita – in certi casi accade piú tardi e ci si accoglie a vicenda –, persone a cui siamo legati da un vincolo indissolubile. Possiamo andarcene molto lontano: quelle persone restano sempre l’origine, il punto d’inizio. Ecco da dove veniamo. Costruiremo una nuova famiglia, una volta cresciuti, un altro piccolo mondo nel mondo, diventeremo il punto d’inizio per qualcun altro, magari, e quella storia si ripeterà. Ma che cos’è una famiglia? Intendo dire, cos’è veramente? Cosa nasconde quel nome? Molti scrittori hanno provato a raccontarla, come se fosse un mistero, una questione piú complicata di quanto sembri, un vincolo indissolubile eppure scomodo, a volte difficile, una storia che pare banale e che invece continua a porci domande.
Ma noi sappiamo cos’è, non è vero? Pensateci per un istante: c’è qualcos’altro che potreste dire di conoscere piú della vostra famiglia? Forse mi rispondereste di no. Potreste dirmi: Certo che so che cos’è. Conosco benissimo quelle persone. Quand’ero giovane, credevo anch’io di saperlo. La mia famiglia era come la borsa che porto a tracolla, come le tasche dei miei pantaloni e ciò che contengono (anche se spesso è una vera sorpresa e questo dovrebbe dirvi qualcosa). Sono cresciuta con quella certezza. Non lo sapevo, in effetti, ma l’ho capito soltanto piú tardi. A un certo punto, per tante ragioni, ho incominciato a interrogarmi: chi sono mio padre e mia madre, chi erano prima di me? Noi chi eravamo? E io chi ero, quando abitavo con loro? E potrei dire lo stesso della mia nuova famiglia: l’uomo con cui ho deciso di vivere, i nostri figli.
Si tratta di un’illusione, è questo il punto. Ci è necessaria ed è confortante ma resta un’illusione. È una questione di prospettiva, probabilmente, e di consuetudine. Ci sembra chiaro e scontato ma basta prendere un po’ le distanze e guardare meglio, piú a fondo: ciò che sembrava scontato smette di esserlo. Pensate a un album di fotografie. Tutti quei volti, quelle espressioni, buffe o seriose, e quelle pose, quei luoghi – le stanze, le spiagge, i giardini, i balconi, i cortili, i mobili, gli abiti e le automobili – sono cosí familiari, cosí vicini, ma se guardiamo piú a fondo, se ci liberiamo da quell’illusione, intravediamo un mistero, tutte le cose non dette, i segreti e le parti mancanti. Ho in mente una foto dei miei genitori da giovani, stretti in un abbraccio – eppure lui fissa un punto lontano, alla sua sinistra, come vedesse qualcosa – e un’altra in cui mio fratello mi tiene per mano e pare scontento, deluso.
Ci sono libri meravigliosi, struggenti e pieni di affetto oppure duri e implacabili, che ripercorrono il grande mistero rappresentato da ogni famiglia, tentando di illuminarlo e di rispondere ancora una volta a quelle domande: chi siete, chi siamo? Mi ci vorrebbero giornate intere per elencarli e provare a dirvi che luce hanno acceso per me, cosa significano, quanto mi hanno aiutata a capire. Ve ne presento, o ripresento, soltanto tre. Ciascuno di loro occupa un posto speciale, il posto occupato da certe persone che abbiamo incontrato, un giorno lontano, e che però non possiamo scordare.
Lessico famigliare di Natalia Ginzburg occupa il posto dei miei ricordi piú dolci e remoti. La mia famiglia, ci dice la Ginzburg, mio padre, mia madre e i miei fratelli, aveva il proprio linguaggio. Ogni famiglia ce l’ha – modi di dire, frasi e parole: un lessico unico, irripetibile – e quel linguaggio è la nostra memoria, il nostro tessuto, ciò che ci lega fino alla fine, dovunque andremo e chiunque saremo in futuro.
Un vero bugiardo di Tobias Wolff occupa un posto diverso, quello abitato dai primi conflitti. Wolff ci racconta se stesso, bambino e ragazzo, nell’America degli anni Cinquanta, accanto a una madre amorevole e instabile, un patrigno severo, durissimo, e tutti i suoi figli. Nelle sue pagine c’è quel legame profondo, quel vincolo di cui parlavo, ma anche la strada percorsa per allontanarsene – dobbiamo farlo, crescendo.
L’ultima storia racconta di un padre e di un figlio in un paese del Nord Italia, tra boschi e capannoni. Come Dio comanda di Niccolò Ammaniti occupa il posto dell’amore tenace e viscerale, l’amore che lega Cristiano Zena, che ha tredici anni, a suo padre, un uomo che può diventare cattivo solo perché è disperato, arrabbiato, alla deriva. È una famiglia spezzata, la loro, forse sbagliata agli occhi degli altri, ma quell’amore potrà comunque salvarli e guidarli, come una fiamma nel buio.
Se ogni famiglia è un piccolo mondo nel mondo, ogni famiglia, ciascuna a suo modo, è tutto questo: parole e frasi che nessun altro potrà mai capire, ricordi struggenti, contraddizioni, conflitti e amore tenace. È tutto questo e molto di piú: ecco perché non smettiamo di raccontarla. Ecco perché ci saranno altre storie. Prendete quell’album, provate a sfogliarlo. Guardate le immagini con attenzione. Cosa vedete?
Elena Varvello è autrice di La vita felice.