Siamo onesti. Spesso la filosofia, a scuola, non capiamo cosa sia. La prima volta che ci tocca ripetere le filastrocche di Parmenide sul «non essere» è uno strazio. Non è colpa dei professori quanto, piuttosto, dei programmi ministeriali un po’ datati (compromesso necessario?) Cosí, senza neanche accorgerci del problema, la storia della filosofia viene a coincidere con la «filosofia pura». Che danno! Allora cosa fare? Uno strumento ottimo sta nel far leggere ai ragazzi alcuni testi chiave della filosofia che, volutamente, riescano a trasmettere l’idea di una filosofia come scienza del pensiero utile. Per ragionare non serve sapere il pensiero di Hegel sulla dialettica o ciò che Kant riteneva necessario per condurre una vita morale. È piú utile costruire una cassetta degli attrezzi con i quali montare e smontare la struttura dei problemi che la vita ci pone ogni giorno (talvolta piú di una volta al giorno, purtroppo).
Uno dei libri piú belli scritti da un filosofo, che spiega cosa fanno i filosofi e a cosa serva la filosofia, è Ricerche filosofiche di Ludwig Wittgenstein. Non è vero che certi libri sono troppo complicati per i piú giovani. Ogni libro, come ogni oggetto, ha vari livelli di lettura. Ciò che siamo in grado di vedere a un tempo T sarà diverso da quello che sapremo vedere nello stesso libro a un tempo T1, ma questa non è una buona motivazione per aspettare una certa età prima di leggerlo. Nelle Ricerche Wittgenstein spiega tante cose, ma anche come un filosofo deve porsi nei confronti del mondo: «non c’è un metodo della filosofia, ma ci sono metodi; per cosí dire, differenti terapie». Vale a dire che la filosofia è un insieme di strade diverse da valutare per arrivare alla soluzione di un problema. Comprendere quale sia l’alternativa migliore è il compito di quella che per Wittgenstein non è una disciplina, ma una «pratica».
Cosa vuol dire fare pratica di filosofia – ben oltre l’immagine stereotipata del filosofo come uomo barbuto seduto alla scrivania che spesso ci facciamo a scuola – lo spiega bene Henry David Thoreau nel suo Walden, un libro che si dovrebbe leggere a scuola quasi come la Divina commedia: l’idea è che attraverso un buon pensare si possa svolgere un buon vivere. Thoreau racconta il suo soggiorno biennale nei boschi del Massachusetts e sostiene che la filosofia è piú agire che riflettere: «essere filosofi non significa soltanto avere pensieri acuti, o fondare una scuola, ma amare la saggezza tanto da vivere secondo i suoi dettami: cioè condurre una vita semplice, indipendente, magnanima e fiduciosa. Significa risolvere i problemi della vita non solo teoricamente ma praticamente». Già, Thoreau dice «praticamente». E quell’idea della storia della filosofia come alternarsi millenario di opinioni sembra più lontana. E onestamente anche la filastrocca di Parmenide.
Del resto, come sostengono Gilles Deleuze e Felix Guattari nel loro storico Che cos’è la filosofia, filosofare significa creare concetti nuovi in grado di descrivere e catturare situazioni altrimenti indescrivibili. I ragazzi devono comprendere che il mondo che si troveranno a vivere da adulti sarà probabilmente molto diverso, data la velocità dell’evoluzione tecnologica e sociale, da quello che vivono adesso. Saper descrivere qualcosa con categorie nuove, e adattare le proprie vite di conseguenza, è l’abilità piú importante che i giovani devono maturare durante il percorso scolastico.
In Margini della filosofia Jacques Derrida si chiede quali siano i limiti della filosofia oggi. Ma è chiaro anche per lui che il pensiero che indaga le radici e le strutture delle cose non potrà mai finire. La filosofia ha sempre pensato al suo altro, secondo Derrida, e dunque è la scienza con cui comprendiamo cosa esiste fuori di noi. In sostanza è l’età adulta, quel momento fondamentale in cui capiamo che oltre al nostro mondo esiste qualcosa che ci resiste, come spiegano i diversi autori presenti nell’antologia Bentornata realtà curata da Mario De Caro e Maurizio Ferraris. La filosofia è il primo buco nel nostro mondo interno. Grazie a essa capiamo che esiste un fuori, e forse non la perdoneremo mai per questa violenza. Eppure è una violenza necessaria. Se vogliamo che gli adulti del futuro pensino bene, per vivere bene, dobbiamo fare in modo che da ragazzi leggano bene.
Gli anni dell’adolescenza si hanno una sola volta nella vita. Non vale lo stesso per le altre età dell’uomo, fidatevi. Innanzitutto il mondo è molto piú piccolo di quanto sembri, almeno se hai fortuna. Casa, scuola, ancora casa, poi le vie di una città che ti sembra infinita. O meglio, lo sai che è finita, ma è una finitezza che puoi comporre, nelle sue parti, in un infinito combinarsi di elementi nuovi. Come i ricordi, che sono disposti nella mente in un numero finito, eppure combinati tra loro danno vita ai sogni, alle false memorie, alle biografie, e forse anche ai romanzi e ai saggi dei filosofi. La filosofia è come qualcuno che ci accompagna durante la crescita facendoci uscire, con dolcezza, dal guscio che ci protegge da un mondo pronto ad attaccarci all’improvviso. Come nella poesia di Valerio Magrelli, in Disturbi del sistema binario, dedicata proprio a Wittgenstein: «per essere colpevoli | rimanendo innocenti», bisogna imparare a pensare il doppio di questa esistenza. Un’esistenza breve, come ci racconta Seneca in La brevità della vita, che pure, se ben pensata, può essere condotta con la giusta dose di felicità. La prima volta che a scuola presentano Socrate apprendiamo che la filosofia serve a «imparare a morire». Chiamiamo questa strana capacità, che solo la riflessione filosofica riesce a dare, «l’arte di imparare a stare al mondo».
Leonardo Caffo è autore di La vita di ogni giorno e Vegan.