Virginia Verna e Eleonora Tonelli, studentesse-giurate del Premio Letteraria
Questa è la Vita in famiglia di Ajay.
Dal giorno in cui lui e i suoi si trasferiscono da Oriente a Occidente, ha inizio una vita varia e travagliata: la ricostruzione di una comunità, l’abituarsi a un mondo diverso. E poi il dolore, quando dopo il tragico incidente del fratello, Ajay deve imparare a convivere con un nuovo Birju, in stato vegetativo.
Questa è la Vita in famiglia di Ajay. O meglio, di Akhil. Chi avrebbe mai potuto tradurre in parole il pensiero e le emozioni di un ragazzo che soffre, se non chi ha davvero conosciuto il dolore, se non lo stesso autore? Questa è la sua storia. Una storia che parla anche di mancanza, di ricerca. Ricerca di una via di salvezza, di un modo per dimenticare. Il protagonista lo trova. Non può cambiare il passato, ma può provare a scrivere il futuro.
Ajay decide di salvarsi attraverso la parola, letta e scritta. Da un lato a scuola, temendo ciò che i compagni potrebbero pensare dell’incidente del fratello, racconta bugie, inventa storie. Dall’altra però impara a leggere le storie degli altri e a raccontare la sua storia vera, senza utilizzare la propria voce, ma usando i pensieri che, collegati con un filo alla sua mano, trascrive.
Una tale intuizione risulta spiazzante tanto quanto lo è il continuo divario tra la semplicità e la mitezza della lingua del racconto, sapientemente rispettata nella traduzione, e la pesantezza e assoluta incomprensibilità degli avvenimenti, crudamente reali, che coinvolgono non solo la famiglia protagonista, ma anche il lettore che continuamente si pone un interrogativo: non è forse la scrittura una forma di amore per la vita?
Ajay racconta. La stessa cosa ha fatto Akhil Sharma. Non è stato facile per l’autore narrare di sé. Lo dimostra il tempo impiegato nello scrivere il romanzo. Dodici anni di scrittura senza interruzione, sono segno di indecisione e paura di ciò che se scritto diventa indelebile; senza la certezza di cosa sia accessibile a tutti e di cosa invece sia così intimo da meritare il silenzio. La paura è stata vinta, come per lo stesso Ajay.
Vita in famiglia è un romanzo che strugge e che fa riflettere, con la sua pacata tristezza, su come provare a essere felici nonostante il dolore, su come a volte sia necessario non pensare agli altri, ma a se stessi.
Per queste ragioni noi, come moltissimi altri studenti-giurati del Premio Letteraria, lo abbiamo amato e votato, tanto da attribuirgli una meritatissima vittoria nella sezione «narrativa straniera in traduzione».