Andre AgassiOpen

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Un ragazzo che odia il tennis con tutto il cuore «condannato» a diventare il campione più popolare degli ultimi trent’anni.

Un padre dispotico e ossessivo che con i suoi metodi brutali diede l’avvio a una delle carriere sportive più sfolgoranti e anche controverse di tutti i tempi. Gli allenamenti a ritmi disumani – 2500 palle al giorno, cioè 17500 la settimana, cioè un milione di palle l’anno – contro un marchingegno crudele che sembra un drago. La solitudine assoluta in campo che gli nega qualsiasi forma di gioventù. La chioma punk, gli orecchini, il rossetto con il quale si truccava prima di scendere in campo, come personalissima forma di protesta contro il mondo. E poi una carriera da numero uno lunga vent’anni e 1000 match.

Che il libro di Andre Agassi non fosse «semplicemente» l’autobiografia di un campione era già diventato chiaro a pochi mesi dall’uscita, quando aveva sorpreso e appassionato migliaia di lettori (sportivi e non) e si era guadagnato recensioni entusiastiche sulle maggiori testate nazionali.

Ecco alcuni dei commenti comparsi in rete e sui giornali.

«Anche se non ho mai guardato una partita di tennis fino alla fine, anche se sapevo vagamente chi fosse Andre Agassi, ho goduto ognuna di quelle maledette cinquecento pagine, e ora che sono finite vago inconsolabile divorando romanzi come ciliegie nella speranza di riprovare quell’emozione. Ma nessun altro libro mi ha appassionato così tanto» (Daria Bignardi).

 «Il libro della vacanza. Ve lo consiglio» (Valentino Rossi).

«Un bel libro, anche per chi come me non ha mai preso una racchetta in mano. Sono alla fine. Merita» (Lorenzo Jovanotti).

«Se parti, non scendi più fino all’ultima pagina. Roba che i famigliari protestano e sul lavoro non combini più un granché. […] Pallina dopo pallina, volano le domande e le risposte sulla vita, schizzano sul cemento dei pensieri, e alla fine quella a cui assisti è un’unica, grande, affascinante partita giocata da un ragazzo contro il buco nero che si porta dentro: che poi è la stessa partita che giochiamo tutti, lo si voglia o no» (Alessandro Baricco).

«È raro imbattersi in un così stimolante compendio di personaggi e situazioni. […] Eppure la cosa che più mi ha colpito in questo libro è la smania del suo autore-protagonista di decifrare il mistero inattingibile dell’umana insoddisfazione. […] Ciò che Agassi sa raccontare meglio è il senso di tedio e gratuità che non smette di assediarci. E che, paradossalmente, rende amare sia le vittorie sia le sconfitte» (Alessandro Piperno).

«Open è una narrazione vibrante, segnata da continue cadute e risurrezioni, e impreziosita da una scrittura sorprendente. Imperdibile» (Fabio Geda).

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Agassi è stato ospite a Che tempo che fa.