«C’era in Westfalia, nel castello del signor barone di Thunder-ten-tronckh, un giovane a cui la natura aveva fatto dono dei modi piú squisiti. L’aspetto annunciava l’animo suo. Al retto giudizio univa la semplicità di spirito, e per questo, credo, lo avevano soprannominato Candido».
Attraverso la girandola di avventure, sciagure, improvvise fortune e delusioni del povero Candido, un inguaribile ottimista, Voltaire porta «uno sguardo rapido su tutti i secoli, tutti i paesi, e di conseguenza, su tutte le sciocchezze di questo piccolo globo».
E ci consegna un romanzo di eterna attualità, una parabola universale sulla miseria e sulla grandezza dell’uomo, una straordinaria lezione di sopravvivenza alle catastrofi della natura e della storia.
E Pangloss diceva ogni tanto a Candido: «Tutti gli eventi formano una catena nel migliore dei mondi possibili. Giacché, dopo tutto, se non foste stato scacciato da un bel castello a calcioni nel sedere per amore della signorina Cunegonda, se non foste stato sottoposto all’Inquisizione, se non aveste percorso l’America a piedi, se non aveste dato un gran colpo di spada al barone, se non aveste perduto tutti i montoni del buon paese d’Eldorado, non sareste qui a mangiare cedri canditi e pistacchi». «Ben detto – rispose Candido – ma bisogna coltivare il nostro giardino».
«Un resoconto sullo stato del mondo, situato intenzionalmente là dove accadono o sono appena accaduti gli avvenimenti piú significativi dell’epoca» (Julian Barnes).
Su Rai Scuola Andrea Tagliapietra racconta Voltaire.
«Candido o L’ottimismo è piú che un romanzo, piú che un saggio filosofico, piú che un pamphlet polemico contro il pensiero del suo tempo. Nato come un tentativo di ridicolizzare le dottrine ottimistiche professate dai filosofi settecenteschi, in primo luogo da Leibniz, Candido è rimasto una pietra miliare della letteratura» (mangialibri.com).
Su «The Vision» un articolo di Daniele Fulvi sull’attualità del pensiero di Voltaire.