«Vederli andare via è la cosa piú difficile, perché: dove andranno. Sono ancora cosí piccoli, e torneranno da dove sono venuti, e dove sono venuti è il motivo per cui stanno qui».
Esiste un’isola nel Mediterraneo dove i ragazzi non scendono mai al mare. Ormeggiata come un vascello, Nisida è un carcere sull’acqua, ed è lí che Elisabetta Maiorano insegna matematica a un gruppo di giovani detenuti. Ha cinquant’anni, vive sola, e ogni giorno una guardia le apre il cancello chiudendo Napoli alle spalle: in quella piccola aula senza sbarre lei prova a imbastire il futuro. Ma in classe un giorno arriva Almarina, allora la luce cambia e illumina un nuovo orizzonte.
Il labirinto inestricabile della burocrazia, i lutti inaspettati, le notti insonni, rivelano l’altra loro possibilità: essere un punto di partenza. Nella speranza che un giorno, quando questi ragazzi avranno scontato la loro pena, ci siano nuove pagine da riempire, bianche «come il bucato steso alle terrazze». Un romanzo limpido e intenso che è forse una piccola storia d’amore, forse una grande lezione sulla possibilità di non fermarsi. Di espiare, dimenticare, ricominciare.
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«Ogni volta che esce un libro di Valeria Parrella lo aspetto come si aspetta una lettera importante che mi riguarda» (Nicola Lagioia).
«È una scrittura che cattura lo scorrere incessante di cose, odori, sapori e altri incontri sensoriali da cui nascono pensieri e sentimenti che hanno la stessa plasticità della materia. Nessuna scrittrice come Parrella è capace di cogliere nella sua città la linfa ancora viva di una colonia greca di nome Neapolis» (Helena Janeczek).
«La sua qualità di scrittura, la rotondità e la precisione nei dettagli è qui costante, non cala mai, non ha mai un attimo di respiro, di bisogno di ricaricarsi […] Parrella ha raggiunto l’apice della sua maturità» (Francesco Piccolo su «la Lettura – Corriere della Sera»).
«Guardate a questo grandissimo romanzo, a questa vera, potentissima scrittrice. Poi spalancate i cancelli del carcere e uscite per Napoli, finalmente liberi davvero» (Antonella Lattanzi su «La Stampa»).
«Valeria Parrella ha scritto un libro che racconta questo: l’amore perfetto. Quello che non vuole niente in cambio, che non ha un motivo per darsi. L’amore che non c’è. Nel difetto e nel dolore […] La sola recensione possibile a questo libro dovrebbe durare un secondo, essere di una parola: leggetelo» (Concita De Gregorio, «la Repubblica»).
«Il romanzo di Valeria Parrella compie questo percorso miracoloso: prende il lettore in un punto e lo trasporta in un altro punto, gli offre il mondo dall’alto, e in centoventi pagine tese e illuminate gli cambia lo sguardo» (Annalena Benini, «Il Foglio»).
Caterina Bonvicini su Twitter scrive: «Almarina di Valeria Parrella è uno dei libri piú belli usciti negli ultimi anni: un racconto intenso, struggente, scritto con una lingua stupenda. Quando l’italiano diventa musica, musica che affonda le unghie nella realtà, si segna la storia della letteratura».
«Un romanzo sull’istruzione che libera» (Serena Uccello, «Il Sole 24 Ore»).
«Una delicatissima storia d’amore, che ha perfino un che di fiabesco» (Fabrizio Coscia, «Il Mattino»).
«Valeria Parrella ha una scrittura personalissima, elegante, libera come le sue donne che sono sempre affascinanti e luminose anche quando soffrono» (Daria Bignardi, «Vanity Fair»).
«Una storia d’amore diversa dalle altre, che parla di solitudine, lutti, affidi e scelte impossibili» (Marina Speich, «Grazia»).
Luciana Littizzetto su Instagram: «Una piccola storia di vita che non si arrende e di anime che si scelgono. E di coraggio, perché solo quello ci vuole per non arrendersi al presente».
Valeria Parrella su «la Repubblica» parla delle Lettere dal carcere di Gramsci:
Il romanzo raccontato su Rai Cultura: