All’indomani della Liberazione, dopo molti anni passati in America, Anguilla fa ritorno al paese delle Langhe in cui è cresciuto. Eppure, a Santo Stefano Belbo tutto sembra essere rimasto uguale, immobile: «stessi rumori, stesso vino, stesse facce di una volta. I ragazzetti che correvano tra le gambe alla gente erano quelli; i fazzolettoni, le coppie di buoi, il profumo, il sudore, le calze delle donne sulle gambe scure, erano quelli. E le allegrie, le tragedie, le promesse in riva a Belbo». Anche Nuto, l’amico di sempre, è ancora là. E con lui Anguilla decide di ripercorrere i luoghi dell’infanzia e dell’adolescenza alla ricerca delle proprie radici. Ma quello con cui si trova a fare i conti è soltanto un mondo scandito da rituali contadini e dominato da istinti primordiali, che la Storia sembra non aver scalfito e nel quale si sente totalmente estraneo.
Recuperando i temi civili della guerra partigiana, la cospirazione antifascista, la lotta di liberazione, e legandoli a problematiche private, l’amicizia, la sensualità, la morte, Pavese conferma la totale inappartenenza dell’individuo rispetto al mondo e il suo triste destino di solitudine.
«La luna è il libro che mi portavo dentro da piú tempo e che ho piú goduto a scrivere. Tanto che credo che per un pezzo – forse sempre – non farò piú altro. Non conviene tentare troppo gli dèi». Pubblicato nell’aprile del 1950 e considerato dalla critica il suo libro piú bello, La luna e i falò sarà il suo ultimo romanzo.
Leggi un estratto.
«La luna e i falò è uno di quei romanzi che si avvertono immediatamente – per i toni, per la struttura, per la natura dei messaggi – come “conclusivi”» (Stefano Giovanardi, «la Repubblica»).
L’attore Remo Girone legge La luna e i falò a Rai Radio 3:
Il romanzo raccontato da Guido Davico Bonino: