Luca MisculinMare aperto

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Per gran parte della storia umana il mare ha suscitato una sensazione precisa: la paura. Persino in un posto come il Mediterraneo centrale, dove Europa e Africa si guardano a poca distanza. La storia di questo pezzo di mondo, di un mare che può essere un ponte ma anche una barriera invalicabile, dice molto di noi. Dagli uomini preistorici che dalle sue sponde osservavano quelle acque oscure e minacciose senza mai trovare il coraggio di attraversarle, alle popolazioni che per prime intagliarono un tronco e lo misero in acqua; dai mercanti di ossidiana e i loro riti perduti, alle misteriose civiltà dell’età del bronzo; e ancora: le conquiste degli imperi, le scorribande dei pirati, i flussi migratori che da nord andavano verso sud, come gli italiani che furono spediti in Libia dal regime fascista, o quelli che da sud vanno verso nord, come le migliaia di persone che oggi si affidano a traversate rischiosissime in cerca di una nuova vita o anche solo della sopravvivenza. 

Muovendosi fra le coste libiche e tunisine, Pantelleria e Linosa fino a Lampedusa, Luca Misculin ci fa conoscere un mare tutt’altro che nostrum, mostrandoci il Mediterraneo come fosse la prima volta, con tutte le sue contraddizioni, la sua severa spietatezza, la sua straordinaria profondità storica e umana. 

«Ci sono varie riflessioni da fare, sul rapporto tra uomo e natura, sul cambiamento climatico, sulla desertificazione, sulla sparizione di specie animali, sul turismo di massa», racconta l’autore nell’intervista di Massimo Marino sul «Corriere della Sera».

«Se ancora si può scommettere sul mare forse la chiave è nella prospettiva che proprio Misculin ci offre: una dimensione diversa, una scala piú piccola. Uno spazio attraversato da sempre, un mare aperto, che a interrogarlo non è solo onde e abissi, ma è soprattutto storie e persone» (Alessandro Vanoli, doppiozero.com).

Luca Misculin racconta quali sono stati i saggi utilizzati per la stesura: