Proviamo a immaginare un altro tipo di città, aperta alla differenza. Uno spazio dove ripensare l’incontro con le neurodiversità e dove sperimentare altri ritmi, relazioni, e modi di vivere. Una città cosí, orgogliosamente autistica, avrebbe molto da offrire a chiunque.
Che cos’è una città «autistica»? È uno spazio per immaginare e sperimentare modi diversi di intendere le diversità, incluse quelle neurologiche, anche al di là del linguaggio delle categorie, delle diagnosi e delle disabilità. Il mondo ha bisogno di città del genere: «autistico» non va inteso in senso peggiorativo e la condizione di neurodiversità può offrire molto per progettare città piú vivibili e aperte. Costruire realtà urbane migliori significa anche sovvertire le categorie morali e i linguaggi comunemente associati all’autismo.
Alberto Vanolo offre una serie di proposte provocatorie per la città autistica, una sorta di manifesto con principî generali per immaginare realtà urbane piú semplici e sostenibili, non solo per chi vive una condizione di neurodivergenza.
Leggi un estratto.
Scrive Fabio Geda sui social: «Alberto Vanolo parte da sé e da suo figlio Teo per immaginare e sperimentare modi diversi di vivere la diversità e la città. Ad esempio superando il binarismo del sano/malato, abile/disabile, e intendendo la neurodiversità come un concetto generativo, capace di aprire a nuove prospettive. E sottolineando come spesso siano gli ambienti a renderci disabili: ripensa l’ambiente e sparirà la disabilità».
«L’autore, alternando un tono colto a uno piú caldo e sentimentale, senza perdere di vista neanche accenni di ironia, ci racconta alcune scene di vita urbana con suo figlio Teo» («Avvenire»).
«Vanolo propone un manifesto in quattro punti, tratteggiando un altro tipo di città, aperta alla differenza, laboratorio giocoso in cui ripensare l’incontro con le neurodiversità, capace di offrire tantissimo a chiunque» («L’Osservatore Romano»).