Fabio GedaAnime scalze

Liceo Nomentano, Roma
Classe: IV M
Docente: Silvia Vitucci

Caro Pietro,

è da tanto che non ci sentiamo ormai, ci siamo visti per la prima volta dopo anni solo perché Ercole e Luca avevano deciso di fuggire da tutti noi, e forse avrebbero fatto bene; avrei voluto parlarti ma non ne abbiamo avuto la possibilità. Vorrei dirti tante di quelle cose, ma ho scritto questa lettera principalmente per farti capire i motivi che mi hanno costretta ad abbandonarvi; so che forse non vorrai neanche leggerla ma è importante per me, visto che mi sento in dovere di spiegare a te, Asia ed Ercole cosa mi è successo. Sono cambiata. Forse in meglio, forse in peggio, questo non posso giudicarlo io. Ho iniziato a sentirmi inadeguata e sbagliata dopo la morte di mia madre: lei è sempre stata il mio punto di riferimento, il mio faro, e durante il suo funerale ho capito che qualcosa in me era mutato. Guardavo i nostri figli e non li sentivo miei, mi sentivo un’estranea costretta a vivere una vita non sua; non avevo piú obiettivi da perseguire. La morte di mia madre mi aveva aperto gli occhi: tutto quello che facevo, lo facevo solo per dimostrare qualcosa a lei, per farle vedere che, come lei, anche io ero all’altezza. Ho iniziato a pensare che forse sareste stati meglio senza di me; mi sentivo di troppo, la “pecora nera” che causava solo guai: basti pensare a ciò che è successo alla nascita di Ercole, tu che ti sei addossato le mie colpe per proteggermi, e io che continuo ancora adesso a sentire il peso di quelle mie disastrose scelte. Mi vergognavo di tutto: di essere arrivata a distruggere la mia vita facendo uso di stupefacenti, e di rovinare la vostra giorno dopo giorno. Ho sempre avuto delle debolezze, le ho nascoste nelle crepe del mio essere dopo l’arrivo di Asia ed Ercole; tuttavia è stato in quel periodo prima che me ne andassi che iniziai a soffrire di mal di testa: i mostri che avevo tentato di nascondere stavano tornando per darmi il colpo di grazia, mi mangiavano dentro e avevo il timore che voi li poteste vedere, o peggio, che potessi contagiarvi con questo mio mal di testa, il cui unico rimedio era ed è tutt’ora per me il sonno, anche se i mostri ogni tanto vengono a trovarmi anche lí. Non c’è un motivo per cui ho scelto quel giorno per andarmene; mi sono alzata dal nostro letto presto, mi sono guardata intorno, sono andata a vedere Asia ed Ercole ancora addormentanti e cosí sereni, mi sono sentita estranea, ho passato delicatamente le dita sui fornelli, sui mobili, sul vecchio televisore, sulle crepe delle nostre pareti, ho staccato il quadro di mia madre dalla parete: dopo averlo guardato ho capito che quella tela era l’unico oggetto in quella casa a trasmettermi un’emozione, la percezione della mia inadeguatezza. Ho fatto le valigie e me ne sono andata prima che vi svegliaste: non mi sono mai voltata verso la porta dopo averla chiusa, sono salita sul primo autobus che ho trovato; mi piaceva prendere gli autobus e vedere dove mi avrebbero portato, e cosí ho fatto. Ho girovagato per diversi anni, ho avuto vari compagni fin quando non ho incontrato Nicola e sono rimasta incinta del piccolo Luca e ci siamo stabiliti a Erta. Non è passato un giorno senza che io pensassi a te e ai ragazzi: li immaginavo grandi, tu Pietro che nonostante il tuo essere distratto ti saresti preso cura di loro, che li avresti sostenuti e protetti come hai fatto con me; dentro di me speravo che mi sarebbero venuti a cercare, dall’altra no, perché forse stare lontano da me gli avrebbe solo fatto bene. Ercole invece è venuto a cercarmi, è sempre stato molto simile a me e ciò mi faceva stare male poiché pensavo che un giorno avrebbe dovuto soffrire come ho fatto io, ma lui è forte grazie a te e ad Asia soprattutto da quel che mi ha raccontato. In tutti questi anni ti sarai chiesto “perché?”: un motivo vero e proprio non c’è, ho cercato di spiegarti, mi sentivo sbagliata e di troppo. Probabilmente non servirà assolutamente a giustificare tutto quello che vi ho fatto passare, ma fidati, Pietro, io avrei causato solo altri problemi, avrei peggiorato la situazione, e io, non volevo fare del male a nessuno; ho cercato di tornare piú volte ma non ho mai trovato il coraggio di prendere quell’autobus per venire da voi. Mi dispiace. Mi mancherai sempre, mi mancano i miei bambini che sono ormai adulti, ma sono ancora convinta che andarmene sia stata la cosa migliore per voi. Vostra per sempre, Giulia.

Martina Stella

 

Cara Viola,

Sono passati diversi anni ormai dall’ultima volta che ci siamo visti e non ho mai trovato il momento e le parole giuste per ringraziarti; anche se la nostra relazione è finita in quel brutto modo, tu sai che non potremo mai scordare quello che abbiamo passato insieme. Non sarà una decisione presa in un momento difficile a cancellare tutto quello che siamo stati; sai che non volevo che Luca vivesse un’infanzia segnata dalle mancanze come la mia, per questo quel giorno ho deciso di restare qui in Italia con lui, invece di seguirti a Parigi, lí dove sognavamo di andare e di vivere per sempre insieme. Ma la vita è questa e bisogna prendere delle decisioni importanti, e io ho deciso di fare del bene invece che pensare a me stesso, per questo non me ne pento. A volte mi capita di pensare a come sarebbe stata la mia vita se non fossi salito su quell’autobus quel giorno. Tu hai permesso a me, e non solo, di continuare a sperare nella vita nonostante tutte le difficoltà che ci pone davanti. È grazie a te se ora sono diventato uno scrittore, perché se non ci fossi stata penso che non avrei neanche piú toccato un libro; è grazie a te se oggi la mia famiglia è riunita e felice, tu mi hai dato la forza di andare avanti e di non mollare davanti a tutte le difficoltà che mi si sono presentate, hai superato tutti i pregiudizi che le persone avevano su di me, affrontando ogni mia paura e aiutandomi a sconfiggerla. Chi l’avrebbe mai detto che una ragazza come te si sarebbe mai messa anche solamente a parlare con uno come me, un vagabondello di periferia, senza punti di riferimento? Invece tu hai visto subito quello che avevo dentro, non solo quello che mostravo all’esterno. Mi hai dato la forza di affrontare quei mostri che si nascondevano nelle crepe dei muri di casa mia e di sconfiggerli. Grazie, perché senza di te, non ci sarebbe un me. Ercole

Andrea

 

Cara Asia,

mentre ti scrivo sono in viaggio con Viola per quella vacanza in Sardegna di cui ti avevo accennato. Pochi giorni fa è stato il compleanno di Luca, ha compiuto dodici anni e ho avuto l’oaccasione di ripensare a quando ne aveva cinque, l’anno in cui lo abbiamo conosciuto. Non credo di avertelo mai detto ma appena ho scoperto che era mio fratello non sono stato per niente dispiaciuto ma, al contrario, ho pensato che in fondo fosse elettrizzante avere un fratello maggiore e uno minore. Mi faceva un sacco di domande, esattamente come facevo con te, ma io, a differenza tua, non sapevo quasi mai dargli una risposta; perciò ho cominciato a pensare che siamo tutti adulti rispetto a qualcun altro e che esserlo non significa sapere tutto, poiché adulti e bambini hanno la straordinaria capacità di insegnarsi sempre qualcosa a vicenda. Quando mi faceva quelle domande, a cui io non sapevo rispondere, subito mi assaliva il desiderio di informarmi e di studiare, per poter soddisfare la sua curiosità. Mi ricordo il giorno in cui hai deciso di andare a vivere con Andrea; sono rimasto sconvolto, perché, per colmare almeno in superficie il vuoto che nostra madre aveva lasciato, mi avevi promesso che saresti rimasta con me per sempre, e allora non capivo che stavi comunque continuando a mantenere la tua promessa, solo che in un letto diverso. Riconosco di non essere stato un bambino semplice, per le mie sfuriate e per tutte le azioni compiute senza pensare, ma ero troppo piccolo per vedere con gli occhi da adulto un mondo cosí grande. Sai, Asia, ripensandoci, con un innocente e quasi nostalgico sorriso sul viso, tu per me eri come una sorta di “cavaliere Jedi”, sempre al mio fianco, indistruttibile e invincibile, pronta a difendermi dai mostri che si nascondevano nelle crepe della mia camera. Soltanto in un secondo momento mi sono accorta che sí, tu eri coraggiosa, ma non indistruttibile, eri legata a me, è vero, ma non eri me. E allora ho cominciato a sentirmi piú contento e appagato, per il semplice fatto che eri con la persona che amavi. Grazie per non avermi mai abbandonato, grazie perché non hai mai permesso alle “persone di buon cuore” di portarmi via da te, grazie perché hai fatto di me quello che sono oggi. Grazie per essere stata, insieme a Viola, l’unica nota positiva della mia disastrosa adolescenza. Niente e nessuno è mai riuscito a scalfire la tua corazza, quella corazza che da sempre indossi per mascherare le tue paure e che utilizzi per difendermi dal mondo. Sei stata costretta a crescere prima del tempo, a occuparti di me, a farmi da madre e, nonostante questo, non mi hai mai rinfacciato nulla né chiesto qualcosa in cambio. È proprio per questa tua capacità di riuscire ad aiutare sempre gli altri, a volte sacrificando anche te stessa, che per me sei diventata, in questi anni, un modello a cui aspirare: se solo fossi stato sicuro e razionale come te, forse non sarei salito su quel tetto con Luca, forse non avrei preso quel fucile, forse non avrei guidato quel furgone, forse non sarei neanche partito per Erta con una vecchia bicicletta e meno di due euro in tasca, con una cartolina come unica pista per trovare nostra madre. Ma tornando al presente… Come va lí a Torino? Rispondimi appena puoi, non preoccuparti, mi manchi molto. Anche Viola ti manda un saluto. Baci, Ercole.

P.S. Ti scrivo anche per avvisarti che ho dimenticato il cellulare a casa, quindi non chiamarmi. Piú tardi scriverò anche a papà e a mamma.

Federica, Giuseppe, Elena, Francesco

 

Cara mamma,

era da tempo che immaginavo come sarebbe stato il nostro incontro dopo anni di lontananza. Quel giorno tanto atteso arrivò, quasi inaspettato. Infatti, mi ero recato ad Erta per avere tue notizie: volevo scoprire quale era il tuo lavoro, dove vivevi e com’erano cambiate le sembianze del tuo viso, che conservavo nella memoria, anche a distanza di anni. Non lo scorderò ma: mi trovavo nella corriera per tornare a Torino quando improvvisamente tu entrasti con il piccolo Luca e iniziasti a osservarmi attentamente, prima il naso, poi la fronte e infine l’attaccatura dei capelli. I nostri sguardi si intrecciarono e proprio in quel momento capii che ti avevo ritrovata. Erano tantissime le domande che avrei voluto farti: ”Perché sei andata via?”, ”Perché non hai cercato di spiegare?”, ”Ti sei pentita?”, ”Sei mai tornata a Torino?” Tuttavia, non ne ebbi il coraggio, perché sapevo che le risposte a quelle domande mi avrebbero ferito molto. Il giorno in cui trovai la forza di domandarti il motivo per cui ti eri allontanata da casa, ti trovavi davanti al lavandino della cucina; pensai che fossi nello stato d’animo giusto per parlare del passato perché sul tuo volto notai un sorriso malinconico. La tua risposta mi destabilizzò profondamente: credevi che non avresti potuto essere una buona madre e allora sei sparita lasciando la responsabilità di educarci a nostro padre. Nonostante la tua decisione, ti perdono per non essere stata al mio fianco, perché è cosí che sono diventato piú coraggioso e ho sviluppato nel mio animo la capacità di reagire prontamente a qualsiasi situazione. Spero che nei prossimi anni tu riesca a colmare la carenza di affetto che ha caratterizzato l’infanzia e l’adolescenza mia e di Asia. Spero di rivederti presto e che tu possa venire a Torino. Ercole.

Flavia

 

Ciao Asia,

sono il vostro vicino di casa e anche se non ci conosciamo bene, ho deciso comunque di scriverti. Nessuno ti costringe a leggere questa lettera, anzi a dirla tutta anch’io getterei via la lettera di uno sconosciuto, ciò nonostante ti invito a continuare a leggere. Trovo incredibile che nonostante le avversità, non solo tu sia riuscita a studiare e a trovare lavoro, ma anche a badare a tuo padre e a tuo fratello Ercole. Conoscendo la vostra situazione avevo pensato di aiutarvi in qualche modo, ma ti ho sentita dire che tenti di evitare gli aiuti delle persone di buon cuore e che preferisci trovare la strada giusta da sola; non credo che sarei capace di fare quello che hai fatto tu nello stesso contesto. Ritornando al motivo per cui scrivo questa lettera, la mia intenzione è quella di farti sapere, anche se probabilmente ne sei già consapevole, che tuo fratello ammira e rispetta profondamente il tuo duro lavoro. Tempo fa ho visto Ercole gettare un diario nella spazzatura, il mattino seguente l’ho rivisto mentre lo tirava fuori dal cassonetto, sono abbastanza sicuro che lo abbia fatto pensando che la perdita del diario fosse un problema. Il mio scopo era di ricordarti che c’è chi pensa e crede in te; anche se al momento potresti non crederci, prima o poi anche le tempeste devono finire. Il vostro vicino, Carlo.

Federico