IISS Paciolo-D’Annunzio, Fidenza
Classe: I A linguistico
Docente: Marilisa Antifora
Superare i confini dell’isolamento attraverso il digitale: a classi aperte con l’autore/traduttore de Il giovane Holden
Chissà se Salinger avrebbe mai potuto immaginare che un giorno, a sessant’anni dalla prima pubblicazione del suo romanzo, Il giovane Holden, in un paesino del Nord Italia, 108 studenti tra i 14 e 16 anni si sarebbero incontrati per parlare di lui in un’aula magna virtuale. Chissà se avrebbe mai potuto immaginare che avrebbero invitato, in collegamento da Milano, colui che ha ridato vita alla versione italiana del romanzo, il traduttore Matteo Colombo.
«È cosí che se il Covid-19 ha limitato il nostro orizzonte visivo, non è riuscito a limitare il nostro orizzonte culturale» afferma la professoressa Marilisa Antifora. «Si potrà parlare di distanziamento sociale di questi tempi, ma non di distanziamento emotivo e culturale. Non volevamo che il progetto lettura dell’Istituto Paciolo-D’Annunzio, giunto ormai alla sua quarta edizione e culminante, come ogni anno, nell’incontro con l’autore “in carne ed ossa”, si fermasse. Cosí, in accordo con la casa editrice Einaudi, non abbiamo esitato ad accettare l’alternativa dell’incontro su schermo».
I ragazzi delle prime e seconde dell’indirizzo linguistico, insieme a una prima dello scientifico, sono stati traghettati come pionieri nell’esperienza dell’Incontro con l’autore a distanza, ma tutto ha funzionato alla perfezione, dato che «al Paciolo-D’Annunzio – afferma il Ds, Ciro Marconi – sin dalla prima settimana di chiusura delle scuole in Regione, gli insegnanti sono stati attivi da casa con i loro device per non perdere il contatto con gli studenti».
«L’incontro è stato certamente molto interessante e utile per i ragazzi delle cinque classi del Liceo», dice Francesco, studente al primo anno del Linguistico. «È stato utile a comprendere meglio il romanzo del quale avevamo da poco affrontato la lettura, nella versione tradotta, appunto, da Matteo Colombo».
«Nel tempo passato insieme non si è discusso solo del classico in questione – dice Eleonora, sua compagna di classe – ma anche dell’esperienza personale del traduttore, della responsabilità dell’operazione di transcodifica, del suo percorso di studi e dei benefici che lui stesso è riuscito a trarre dal suo lavoro».
Gli studenti hanno rivolto al traduttore domande riferite in particolare all’esperienza del libro, da quelle riguardanti l’oggettività del lavoro, come la scelta della copertina o il tempo impiegato nella traduzione, a quelle piú personali, ad esempio il suo rapporto con il libro da lettore, se nella sua vita abbia mai incontrato una persona come il professor Spencer o il professor Antolini. Durante la “chiacchierata” Colombo ha affermato che Il giovane Holden, letto da ragazzo, non era stato da lui apprezzato, in quanto non era riuscito a identificarsi nell’adolescente protagonista, forse a causa proprio del linguaggio utilizzato. È stato poi traducendolo che è riuscito a “entrare” nel libro, offrendo ai lettori quella che lui definisce la sua “ipotesi” dello scritto. Il traduttore ha detto di essere stato onorato dal fatto di averlo tradotto, in quanto quello di Salinger, oltre a essere un libro che ha influenzato decine di generazioni, è un libro che mette alla prova anche dal punto di vista morfologico, che lo ha messo “faccia a faccia” con una traduzione tanto impegnativa quanto gratificante.
L’incontro ha avuto modo di incentrarsi anche sulla vita da traduttore. Colombo ha parlato di vita solitaria, senza troppe uscite di casa e ha ironizzato sul momento attuale di quarantena, definendolo non molto distante dalla sua vita quotidiana. Ha detto, inoltre, che per fare questo mestiere è necessario avere curiosità per la lingua, sia inglese che italiana, per trarre spunto dal parlato della vita di tutti i giorni e migliorare e ampliare la propria conoscenza delle lingue stesse. Alla domanda in cui si chiedeva se avesse da subito manifestato talento nel lavoro che faceva, il traduttore ha risposto in modo illuminante, dicendo ai giovani di non “sedersi sugli allori” ma di coltivare la propria vocazione con impegno e costanza: «Non ragiono in termini di talento; il talento è un concetto che capisco poco e che secondo me invita alla pigrizia; invece credo che esistano delle predisposizioni dove si può fare molto poco a meno di non coltivarle insistendo con fatica. Io non ho mai posto limiti a ciò che può capitarmi di fare nella vita».
Nel finale, Colombo ha voluto salutare i ragazzi con una dedica importante, invitandoli sia a proseguire negli interessi che stanno coltivando che a trovare qualcosa che li distragga ogni tanto dalla realtà, un mondo personale, dove trovare rifugio se necessario: «Vi auguro di trovare in questo periodo sí la motivazione per continuare a fare le cose che state facendo, anche in questa situazione bizzarra che speriamo si risolva al piú presto possibile, ma soprattutto di trovare una vostra “bolla”, solo vostra, assolutamente piacevole, in cui rifugiarvi in qualsiasi momento, dimenticandovi della realtà».
Eleonora, Francesco, M.A.