Gianrico CarofiglioLe tre del mattino

Liceo A. Genoino, Cava de’ Tirreni (SA)
Classe: V C
Docente: Erminia D’Auria

Come conobbi (davvero) mio padre

Il rapporto tra padre e figlio è come una lunga corsa sulle montagne russe: si incomincia piano e si sale, gradualmente, fino ad arrivare a un precipizio, il momento della scelta; le carrozze si fermano e ci sono due alternative: scendere in picchiata verso confronti, consigli, delusioni e soddisfazioni oppure rimanere fermi. Cosa accadrebbe se una di quelle carrozze rimaste ferme, per una fortuita combinazione, ricominciasse quella corsa?

Gianrico Carofiglio, ex magistrato e scrittore pugliese, prova a dare una risposta a questa domanda nel romanzo Le tre del mattino, in cui la storia di Antonio e suo padre si pone da esempio in una prospettiva universale, in cui il distacco tra genitore e figlio non si erge come un muro invalicabile. Un evento straordinario rompe la quotidianità e dà vita all’intero meccanismo narrativo della storia: degli esami per controllare l’epilessia di Antonio costringono lui e suo padre a passare due giorni e due notti svegli nella città di Marsiglia. Una situazione fuori dall’ordinario, il point-break che permette ai due di scoprire lati nascosti di sé, segreti, confessioni e di costruire un legame che non c’era mai stato prima.

La visione che i due protagonisti hanno di loro stessi cambia e, attraverso la narrazione, emergeranno spunti di riflessione intessuti nel background dei personaggi. Il rimpianto è un sentimento agghiacciante; fa leva dove fa piú male, su qualcosa che è andato perduto, che non è stato colto quando possibile. E cosí il rimpianto urta con il rimorso, per qualcosa che si è, invece, commesso. Proprio su questo binomio si delinea il carattere del padre, un brillante genio della matematica dal passato glorioso, che si rispecchia in un’equazione che non è mai riuscito a risolvere. Equazione che è, dopotutto, la sua stessa vita, disseminata dal rammarico, come nel caso del divorzio dall’ancora amatissima moglie; rimpianto che, anche per Antonio, si configura con il non esser mai andato a letto con una donna. La sveviana sigaretta che il padre costantemente fuma apre le porte del fallimento; un fallimento che non è mai, però, una sentenza: cosí si prende la sua rivincita suonando il pianoforte, dinanzi ad una piccola platea e agli occhi carichi di ammirazione di Antonio, per la prima volta «fiero e orgoglioso di lui».

Quando si può davvero affermare di aver fallito in qualcosa? Carofiglio lascia al lettore, in ogni frangente, la libera interpretazione degli eventi, nonostante il narratore interno e la prima persona suggeriscano il contrario. Ogni azione dei due protagonisti viene presentata senza giustificare o anticipare nulla, con una interessante minuzia ai particolari che immerge il lettore ora nelle bianche spiagge marsigliesi, ora nelle luride strade di periferia; scelta a cui corrisponde, sul piano stilistico, la prevalenza di sequenze narrative e dialogiche, spezzate da accurate e suggestive descrizioni. La lingua utilizzata, letteraria per la precisione e la linearità, non si nega una musicalità netta, che plasma un ritmo cadenzato e intrigante, cupo nelle strade malsane della notte, fresco nei soleggiati ambienti diurni.

L’intera vicenda è un lungo flashback narrato da Antonio, artificio retorico, questo, che introduce ad un’altra tematica, lo scorrere del tempo: il cuore del romanzo si sviluppa in appena 48 ore, non a caso, come a voler simboleggiare, in un’accezione baudelariana, il tempo come un coperchio che schiaccia.

La scelta di concentrare la narrazione su pochi e ben caratterizzati personaggi non penalizza, però, le figure secondarie, statiche ma finemente delineate dall’autore. Sopra Antonio e il padre svetta la figura della madre. Paradossalmente, la bella donna è in sé l’unico elemento comune tra i due protagonisti prima del viaggio. È, in qualche modo, condivisa da entrambi e su di lei gravano sia il rimorso dell’ex marito sia le insicurezze del figlio. Proprio per questo motivo è anche un elemento divisorio: la percezione della donna per i due protagonisti è, in un primo momento, motivo di conflitto, specialmente per Antonio, che ha pagato sulla sua persona il divorzio dei genitori. Altra figura di spicco è quella di Marianne, che, al culmine del processo di crescita di Antonio, lo porta oltre quelle insicurezze che lo contraddistinguevano prima del viaggio.

Cosa fanno, solitamente, le persone alle tre del mattino? Quasi tutte dormono, alcune leggono, altre vedono la tv, perse in uno stato di paralisi. Orario ambiguo, quello delle tre del mattino, troppo tardi per essere notte, troppo presto per essere l’alba. Un’ora di stallo, quasi fuori dal giorno, come il rapporto tra Antonio e suo padre. Le tre del mattino è il manifesto di un legame ritrovato, un viaggio moderno che scava nella realtà dei rapporti interpersonali. Un romanzo disteso ed ordinato, da leggere con la presunzione di andare oltre.

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«D’un tratto mi ritrovai in mare aperto, e non ero pronto. Ma qualcuno lo è mai? ». Non sei tu a decidere quando sarà il tuo momento.

Alfonso Iannone