James HiltonAddio, Mr Chips!

Stefano Peradotto, Torino

«Insegnare è cosí diverso, cosí importante, non credi? Influenzare persone che poi cresceranno e avranno un ruolo nel mondo… Chips disse che non l’aveva mai vista in quel modo. Almeno, non di solito. Lui faceva del proprio meglio: era tutto quello che potevi fare in qualsiasi mestiere».

Pubblicato per la prima volta nel 1934, Addio, Mr. Chips! di James Hilton è un piccolo gioiello della narrativa inglese, recentemente ripubblicato da Einaudi nella collana Stile libero Big. Il protagonista Arthur Chipping – per tutti, però affettuosamente Mr. Chips – è un insegnante ormai in pensione del collegio di Brookfield, presso il quale ha trascorso l’intera sua esistenza. Nonostante il ritiro dall’insegnamento attivo, Chips continua a risiedere all’interno del campus, scandendo la sua vita al suono della campanella e all’accensione delle luci nelle aule su cui affaccia la finestra della sua stanza ammobiliata. Le sue giornate, però, non sono piú occupate dalle lezioni di latino, bensí dai ricordi della sua giovinezza e maturità, srotolatesi in quel periodo glorioso e foriero di cambiamento che va dalla fine dell’Ottocento, con la guerra franco-prussiana, fino all’ecatombe della Prima guerra mondiale. Questo a meno che una matricola non si presenti alla sua porta, per il famoso “battesimo del the” con quel vecchietto, ormai considerato una stravagante istituzione del college, che è Mr. Chips.

Al di là dell’interesse storico e dell’ambientazione deliziosamente british, a emergere dalle pagine è però soprattutto l’umanità, cosí immutabile e contemporanea, del protagonista. Cosa significa, infatti, essere un insegnante, oggi come allora? Non solo passare agli studenti nozioni buone tutt’al piú per risolvere qualche indovinello sulla pagina enigmistica del «Times» o per fare conversazione brillante ai ricevimenti, bensí legarsi profondamente, inestricabilmente, con giovani persone che per cinque anni incroceranno la tua vita, da te saranno plasmate e ti plasmeranno, e poi usciranno fuori nel vasto mondo.

«Pettifer, Pollett, Porson, Potts, Pullman, Purvis…» Gli elenchi dell’appello rimangono incastrati in un angolo della memoria, non piú utili ma ormai indelebilmente impressi, a ricordare chi è passato e a scoprire com’è finito. I ragazzi che Chips ha visto sfilare sui banchi sono diventati uomini, politici, soldati. Alcuni sono partiti per il fronte e mai piú tornati. Ma per Chips rimarranno sempre quei ragazzi dal ciuffo scomposto, dal nodo alla cravatta sghimbescio, che non riuscivano a memorizzare il costrutto della perifrastica passiva. Chips emerge prima di tutto come uomo, con le sue gioie e le sue tragedie sentimentali, con la paura iniziale dell’aula magna piena di «barbari vigorosi pronti ad azzannarlo come la loro legittima preda». Con la sua autorevolezza che inizialmente si impone con fatica e poi si scioglie, diventa una cosa scontata che si costruisce con una semplice battuta a inizio anno.

Mr. Chips, pur a oltre mezzo secolo di distanza, continua a incarnare tutti gli insegnanti. Esseri né speciali né particolari. Persone normali che, semplicemente, fanno il loro lavoro al meglio. Ma che, nel farlo, non sono né saranno mai soli.

«Bone, Boston, Bovey, Bradford, Bradley, Bramhall-Anderson… ovunque voi siate, qualsiasi cosa vi sia accaduta, concedetemi ancora un momento con voi… quest’ultimo momento… ragazzi miei…»

 

Stefano Peradotto insegna Lettere all’Istituto sociale di Torino.