Silvia Vitucci, Roma
Una lettura tra le ombre della storia
Trema la notte è ambientato nel 1908, durante quel terremoto in cui scomparvero le due città gemelle di Reggio e Messina: da un lato l’ultimo lavoro di Nadia Terranova si presenta come un romanzo storico in cui l’autrice ricostruisce scrupolosamente ogni aspetto del mondo dei suoi personaggi, dall’altro il terremoto è anche una metafora narrativa potentissima della distruzione e della catastrofe che colpiscono la vita di ogni essere umano e a cui tutti cerchiamo di sopravvivere.
Le città dello Stretto sono dunque al centro del romanzo: a Reggio vive Nicola, un bambino manipolato da una madre ossessiva e ricattatoria, mentre Messina è la città dove incontriamo Barbara, ventenne forte e volitiva, innamorata della letteratura e decisa a ribellarsi alla volontà paterna di farla sposare a un uomo che non ama.
Le due storie sono profondamente intrecciate: sia Nicola che Barbara sono rinchiusi in famiglie-gabbia, che perderanno nel terremoto, conquistando, a un prezzo carissimo, il diritto a una nuova esistenza.
Se la vicenda del bambino è narrata in terza persona, Barbara parla in prima persona con una voce musicale e autenticamente primonovecentesca; fin nelle prime pagine scopriamo un suo desiderio quasi osceno, quello che «il lampadario di cristallo del salone crollasse, che ogni mobile antico finisse in polvere, che di chi eravamo stati non restasse traccia».
A volte i desideri si realizzano e l’aspirazione alla libertà di Barbara si tramuta in realtà, anche se la giovane non avrebbe mai sospettato «che la libertà si sarebbe presentata a lei vestita da baratro, mentre i divieti con cui il padre l’ha cresciuta si disintegravano come i palazzi di Messina».
Camminando tra le rovine delle città dello Stretto con Nicola e Barbara tocchiamo il baratro di un’apocalisse, sentiamo il fetore di quella tragedia, ne percepiamo gli effetti sugli esseri umani che incontriamo, che nella maggior parte dei casi sembrano perdere il rispetto di sé e degli altri: la distruzione del terremoto sembra aver privato di senso le regole del vivere civile.
Eppure, immergendoci nel profondo in quel che accade durante il breve incontro della giovane e del bambino, ci accorgiamo che al fondo di ogni abisso, accanto alla miseria umana e alla desolazione, c’è la possibilità di una rinascita: la scrittura poetica e musicale di Terranova accompagna i due protagonisti nel ritorno alla vita, conducendoli alla piena riappropriazione di una nuova identità, piú autentica e libera.
Non riesco a immaginare una lettura piú adatta allo spirito del tempo che stiamo vivendo.
Silvia Vitucci insegna Lettere al liceo Nomentano di Roma.