Sandro BonvissutoDentro

Silvia Vitucci, Roma

Perché far leggere a scuola Dentro di Sandro Bonvissuto?

Tanti i motivi, che hanno a che fare innanzitutto con la voce narrante dell’interiorità, che sembra provenire direttamente da un luogo intimo e universale come i temi che affronta, e con la qualità della scrittura, nitida ed evocativa, ironica e lirica.

I tre racconti di cui è composto il testo scandiscono una sorta di anti-romanzo di formazione:  procedono infatti al contrario, dall’età adulta verso l’infanzia e non lasciano intravedere un processo di maturazione nel senso tradizionale del termine.

Nel primo racconto, Il giardino delle arance amare, l’io narrante ci porta in uno di quei luoghi che siamo abituati a vedere solo da fuori, il carcere.

La privazione delle libertà che caratterizza la vita dentro a un istituto carcerario viene scandagliata in profondità, a partire dagli oggetti personali che finiscono dentro buste di plastica trasparente (e la plastica e la vita, scrive Bonvissuto, non vanno d’accordo). Ci si sofferma poi sulla percezione del tempo: in carcere il futuro non c’è e il presente è sbriciolato, quindi i detenuti si ritrovano a parlare del proprio passato, come quando il compagno nigeriano Babba racconta del suo paese,  dei villaggi sul fiume e di quel fiume grande come il mare.

Chi vive la scuola rimarrà colpito dal fatto che la biblioteca del carcere sia sguarnita di libri, perché, dice l’incaricato, i pochi soldi a disposizione dell’amministrazione devono essere usati per acquistare cose piú importanti.

Anche il secondo racconto, Il mio compagno di banco, è ambientato in un luogo spesso troppo chiuso in sé stesso, quello della scuola, e ritrae la nascita, casuale, di un’amicizia, che sembra essere un’alleanza in un luogo ostile: la scuola per il  protagonista è intenzionata a far emergere capacità individuali all’interno della collettività fingendo di unire ma con l’unico intento di dividere, catalogare e classificare: di qui la scelta dei due amici di boicottare il sistema, per non diventarne complici involontari.

La lettura dell’ultimo racconto, Il giorno in cui mio padre mi insegnò ad andare in bicicletta, ci fa divagare tra i ricordi infantili di un’accecante giornata estiva; colpisce il modo vivido con cui la scrittura di Bonvissuto affronta temi universali, come il rapporto con la propria infanzia, con i genitori quando si è piccoli, con gli amici e le amiche di quella età.

Mentre il protagonista impara ad andare in bicicletta ripercorriamo anche noi strade dimenticate, legate ai primi passi verso il mondo e verso futuri possibili.

Valerio Aprea ha trasformato in un intenso reading questo meraviglioso racconto che può essere utilmente letto ad alta voce anche dentro a una scuola.

 

Silvia Vitucci insegna Lettere al liceo Nomentano di Roma.