Filomena Gagliardi, Ascoli Piceno
Dimmi di te di Chiara Gamberale è un libro che ho sentito l’esigenza di leggere fin dal primo momento in cui ne ho sentito parlare: mi ha chiamato innanzitutto il titolo. In seconda istanza l’interesse per l’altro che scaturisce dal titolo stesso e dai vari canali social attraverso cui l’autrice ha lanciato il romanzo. Viviamo in un’epoca in cui sappiamo dire solo «io» e non sappiamo piú ascoltare. A volte basterebbe chiedere un «come stai»: capiremmo molto dell’altro e, paradossalmente, anche di noi stessi.
La lettura ha ripagato le mie aspettative. Capitolo dopo capitolo, mi sono affezionata alla protagonista nonché voce narrante della storia che, insoddisfatta della sua vita di quarantenne, si è messa alla ricerca di quelli che sono stati i miti della sua adolescenza: il suo grande amore Stefano alias Terence, il bravo ragazzo che alla fine l’ha abbandonata per un’altra, Marcolino, la piú bella della scuola, Riccarda Serantoni e altri.
Li ha cercati, li ha raggiunti, talora fino in Islanda, li ha intervistati per comprendere se loro sono riusciti a restare fedeli a se stessi, in equilibrio tra la vita di coppia e l’amore, tra quello che sono diventati e le loro aspettative: «Come hai fatto a crescere? Ho chiesto in questi mesi alle mie stelle polari di quel tempo andato che non se ne andrà mai. A tenere insieme quello che ti fa splendere e quello che ti consuma, a scegliere, a puntare tutto su un solo momento, su quell’incontro? Come fai, giorno dopo giorno dopo giorno, a rimanere fedele alla tua scelta, a lasciare un po’ di spazio per lo sperpero senza però permettergli di svuotare tutto di significato? Dove la metti la rabbia che avevi, dove metti le voglie, come lo nascondi il terrore di invecchiare e la preghiera che, se deve succedere, che succeda subito, senza obbligarti prima a prendere delle decisioni?»
Fa tutto questo senza giudicare, senza invidia, senza gelosia: solo con l’intento di indagare meglio dentro se stessa. Lei è una «slegata», ha avuto una bambina pur non essendo in coppia, non riesce piú a scrivere. Perché? Inutile continuare ad arrovellarsi nel proprio ego: ciò la rende ancora piú incapace di comprendersi e di comprendere.
Anche perché, questo dire sempre «io» è in un certo senso alla base di un trauma che ha vissuto da giovane e che verrà alla luce solo verso la fine del libro: riguarda la sua amica del cuore Grazia, a cui diceva tutto, ma che proprio lei, Chiara, non ha saputo vedere; quella che si è dovuta caricare i problemi dei propri genitori, restando per loro un’estranea. Ma è solo a lei che Chiara confesserà, ad esempio, di aver finalmente «fatto tutto» con il suo Terence, il suo amore di gioventú che all’epoca era innamorato della piú bella della scuola, la Riccarda sopra menzionata.
Oltre alle vicende, ciò che tiene incollati al testo è il tono della narrazione: la voce narrante usa un linguaggio da adolescente, consistente di una terminologia nota solo a lei e ai suoi amici di gioventú, un tempo; ora loro sono cresciuti, ma alla fine dei conti quella che sta piú avanti è lei: con le storie che ha scritto, con la sua simpatica incapacità di fare i conti con la tecnologia, con il suo intento di crescere da sola la bambina rinunciando a stare con il padre che non ama piú, ma decidendo di essere con lui genitrice in un modo piú sano e piú funzionale per la piccola.
Alla base di tutto c’è un obiettivo: bisogna conoscere sé stessi per saper cosa si vuole dalla vita e questo è doloroso, ma anche necessario. E si scopre il proprio sé solo recuperando la propria infanzia e adolescenza, ovvero i momenti in cui si sono formate le relazioni con gli altri.
La narratrice ci insegna tutto questo e tanto altro: ho sentito forte questa sua ricerca e l’ho fatta mia. Per questo consiglio di leggere il romanzo: agli adulti per tornare al proprio sé antico ma attuale, agli adolescenti per comprendere l’importanza delle amicizie, delle prime cotte, della scuola e delle loro emozioni.
Grazie Chiara Gamberale!
Filomena Gagliardi insegna Lettere al Liceo scientifico Orsini di Ascoli Piceno.