Rosaria Scotti, Ischia
In occasione del 10 febbraio, in cui ricorre la celebrazione del Giorno del Ricordo, un testo da leggere è sicuramente Verde acqua. La radura e altri racconti di Marisa Madieri. Una rievocazione drammatica, narrata in prima persona e sotto forma di diario, dell’esodo degli esuli istriani, fiumani e dalmati giunti in Italia in seguito al Trattato di pace del 10 febbraio 1947. La narrazione è arricchita di note nostalgiche e poetiche che trasformano i ricordi dell’autrice in finestre su un mondo dimenticato che è quello dell’infanzia e della giovinezza degli esuli fiumani.
Il libro della Madieri ha anche valore di testimonianza storica diretta della vita dei profughi all’interno dei campi in cui furono sistemati al momento del loro arrivo in Italia. In particolare, la Madieri, con la sua famiglia e la nonna, fu collocata nel Silos di Trieste, che si trovava nella zona A del Territorio Libero di Trieste, dove già prima del suo arrivo erano stati alloggiati i nonni materni e la zia Nina, e che lei descrive in questo modo:
Entrare al Silos era come entrare in un paesaggio vagamente dantesco, in un notturno e fumoso purgatorio. Dai box si levavano vapori di cottura e odori disparati, che si univano a formarne uno intenso, tipico, indescrivibile, un misto dolciastro e stantio di minestre, di cavolo, di fritto, di sudore e di ospedale. Di giorno, dall’intensa luce esterna non era facile abituarsi subito alla debole luce artificiale dell’interno.
La narrazione del tempo presente è intervallata dai ricordi della Fiume vissuta da bambina, ormai scomparsa, e della sua vita nel Silos triestino, che scorre inesorabile all’interno di pochi metri quadrati, separati da coperte, lenzuola o barriere di compensato.
Nella comunità si susseguivano matrimoni, nascite e funerali, poiché la vita e la morte erano piú forti delle avversità, ma non mancarono anche molti straziati addii di famiglie che partivano per l’Australia come emigranti, in un secondo ancor piú radicale esilio.
La vita nel campo profughi non abbruttisce Marisa, non le fa perdere il senso della dignità, com’è avvenuto per tanti altri esuli, né la induce a sentimenti antislavi. La fede dell’autrice attutisce il dolore. La sofferenza viene elaborata e si trasforma in un riconoscersi in una plurima identità di frontiera, consegnandoci un messaggio di pacificazione rispetto all’onda della Storia che tutto travolge.
Rosaria Scotti è Dirigente scolastica della Direzione didattica statale Primo Circolo di Ischia.