Liceo scientifico A. Einstein (Torino)
Classi: II B – II CS
Docente: Mariester Negro
Ha mai incontrato qualche difficoltà nell’esprimersi? Quali sono stati i suoi errori? È riuscito a sorridere delle sue difficoltà cosí come interviene su quelle altrui?
Naturalmente sí. Anzi, mi capita spesso. Ma quando mi capita, credo che a mancarmi sia piú la chiarezza dei concetti che le parole o la grammatica. «Rem tene, verba sequentur», diceva Catone il Censore: tieni – nel senso di domina, possiedi – i fatti, e le parole seguiranno. Ecco, secondo me è verissimo. Se non conosci i fatti (la «rem»), o non ti chiarisci prima le idee su ciò che vuoi dire, è difficile che ti escano di bocca le parole giuste.
Come sarà strutturata la grammatica italiana tra vent’anni?
Bisognerebbe essere degli indovini per rispondere a questa domanda. In generale la grammatica di una lingua cambia molto lentamente. Le coniugazioni verbali, la sintassi, le reggenze dei verbi, l’ortografia sono complessivamente abbastanza stabili da secoli. Adesso, da quando le nuove tecnologie hanno dato accesso alla lingua scritta a milioni di persone che prima non avrebbero mai preso la penna in mano, bisogna però dire che la lingua sembra cambiare piú velocemente, e persino alcune regole grammaticali «sacre», come un po’ scritto con l’apostrofo o qual è scritto senza, sembrano un po’ a rischio. Di sicuro la tendenza è quella di andare verso una semplificazione del sistema: meno tempi verbali (futuro e trapassato remoto solo molto piú in sofferenza del congiuntivo), risorse morfologiche sottoutilizzate (tutti i neologismi verbali appartengono alla prima coniugazione), sintassi semplificata, lessico impoverito. Poi magari le cose faranno ancora in tempo a cambiare, ma l’orientamento mi sembra questo.
Quali sono le parole sconosciute ai piú che lei ritiene importanti oggi?
Qui francamente non saprei rispondere. Da filologo, a me le parole sembrano tutte importanti e tutte preziose. Periodicamente escono liste di parole considerate in via di estinzione, nel senso che sempre meno persone le capiscono e le usano, e io penso sempre che mi piacerebbe salvarle tutte, anche se magari la maggior parte di queste le uso di rado. Sono come quei vestiti che non tiri mai fuori dall’armadio ma che sai che un giorno o l’altro ti potrebbero tornare utili. Poi non mi offenderò se i miei figli e i figli dei miei figli non le useranno. Ma l’armadio del lessico ha pareti ampie, dentro ci sta tutto. Non sfruttarne appieno le potenzialità è un vero peccato.