Nadia TerranovaTrema la notte

Claudio Crapis, Altamura

Il gravissimo terremoto del 1908, verificatosi la mattina del 28 dicembre, che distrusse Messina e Reggio Calabria, provocando un numero spaventoso di vittime, è lo scenario in cui è ambientato l’ultimo romanzo di Nadia Terranova, Trema la notte.

Due i protagonisti principali, Barbara, che racconta la vicenda, e Nicola. Due vite problematiche le loro, già scosse anche prima del terremoto. Barbara, vent’anni, da Scaletta Zanclea, paesino sulla costa siciliana vicino Messina, nel pomeriggio del 27 si reca in treno a Messina, dalla nonna, per assistere all’Aida in scena nel Teatro Vittorio Emanuele. È orfana di madre e vittima della tirannia paterna (che le ha già destinato un marito) alla quale intende ribellarsi. E questo anche grazie al coraggio assimilato dai libri amati, come dal romanzo Maria Landini, opera della scrittrice messinese Letteria Montoro, cui la protagonista è affezionata e che meriterebbe di essere valorizzata.

Nicola Fera, undici anni, di Reggio Calabria, è invece vittima di una madre patologicamente ossessiva che, nel timore del diavolo, lo fa dormire legato al letto in una cantina. La famiglia Fera è ricca, perché il padre ha reso il profumo con l’essenza di bergamotto un prodotto alla moda, richiestissimo dalle dame del regno. La narrazione procede alternando un capitolo riguardante Barbara, scritto in prima persona ed uno riguardante Nicola, in terza persona.

Le carte dei tarocchi (ventuno Arcani maggiori), che danno il nome ai capitoli con una breve esplicitazione del loro senso, costituiscono un controcanto della narrazione, con riferimenti sotterranei alle vicende. Le loro combinazioni, che aprono a viaggi e possibilità anche nel dolore piú cupo, rappresentano il sacro e il magico di fronte a quegli sconvolgimenti che non riusciamo a controllare. E cosí incontriamo anche il personaggio di Madame, sensitiva e cartomante: mentre Barbara e Nicola, che di fronte ai loro mondi sbriciolati sembrano provare un qualche inconfessabile sollievo, sono portatori di un senso del destino che non è solo legato al terremoto, ma che appare universale.

Un’opera breve ma intensa e originale, caratterizzata dall’interesse per la condizione di chi è succube delle prepotenze umane, dalla riflessione sulla famiglia, non solo biologica o monogenitoriale, ma anche di elezione o di adozione. Un’opera in cui, tra i vari attraversamenti delle città, trovano spazio anche le politiche sugli aiuti, sulla ricostruzione della città che non volle recuperare niente dei palazzi danneggiati.

La lingua ricercata, che ama le contrapposizioni e le simmetrie e recupera alcune espressioni dell’epoca, ci regala il sorgere notturno della luna sul meraviglioso Stretto di Messina.

 

Claudio Crapis è Dirigente scolastico presso la Scuola secondaria di primo grado Padre Pio di Altamura.

(articolo pubblicato su «L’Edicola del Sud» del 23 gennaio 2023)