Un grande classico della letteratura per l’infanzia.
Questo libro riletto oggi potrebbe essere dedicato a tutti i ragazzi che non hanno un posto dove stare e giocare. Le storie di Nemecsek, il gracile figlio del sarto; di Boka, il piú forte del gruppo, e degli altri compagni divisi tra Camicie rosse e via Pál, ci conquistano forse proprio per la loro inattualità.
La guerra a colpi di sacchi di sabbia, tra rischiosi appostamenti, eroismi autentici e piccole rivalità, propone un’epos autentica e per questo cosí lontana dalla sensibilità del nostro mondo di giochi virtuali. E mostra nel drammatico finale come la dura legge della vita prevalga su qualsiasi contesa.
Il campo… Voi, sani ragazzi di pianura, che con due passi soltanto vi trovate nelle distese sconfinate, sotto la splendida volta azzurra che si chiama cielo; voi, dagli occhi abituati alle grandi distanze, a guardare lontano; voi che non vivete chiusi tra le alte case, non sapete che cosa significhi per i ragazzi di Budapest un po’ di spazio libero! Esso è per loro la grande pianura; per i ragazzi di Budapest esso significa l’infinito, la libertà. Un pezzetto di terra, racchiuso tra uno steccato cadente su un lato, e muri di case alti fino al cielo sull’altro […] Dove si poteva mai trovare un luogo piú bello di questo per giocare?
«I ragazzi della via Pál rappresenta il primo riconoscimento della centralità dell’adolescente, finalmente liberato dai laccioli dei pregiudizi morali e dalle ipocrisie dell’Ottocento. Molnár ha il coraggio di mettere un gruppo di ragazzi al centro della sua opera e lo fa riuscendo ad affibbiare all’adulto un ruolo inaudito di marginalità» (Paolo Crepet).
«Un grande libro, in cui i protagonisti sono raccontati senza condiscendenza, senza nessun compiacimento nostalgico per l’infanzia, senza la retorica dell’innocenza o della spontaneità dei ragazzini, ma come personaggi veri e propri, ognuno mosso da qualche spinta segreta» (Ilaria Gaspari).
«I ragazzi della via Pál è stato per quasi un secolo il Guerra e pace dei teenager […] Rileggerlo significa entrare in un mondo (mai dimenticato) fatto di compiti di stenografia e becchi di Bunsen, società segrete da ridere e ruffianelli in pectore» (Antonio D’Orrico, «Corriere della Sera»).
Michela Murgia a Quante storie consiglia la lettura del romanzo: «I libri non sono sostituti del gioco, ma possono essere quei luoghi in cui le cose che non capiamo della vita trovano una collocazione e una cornice. Chi non gioca, probabilmente non le impara mai».
Su Rai Scuola il romanzo spiegato in 3 minuti:
Numerosi sono stati gli adattamenti cinematografici. In Italia, nel 2003, è stata realizzata una miniserie televisiva diretta da Maurizio Zaccaro.