Liceo Giordano Bruno, Medicina (BO)
Classe: I CLX
Docente: Luca Giulisano
Le lettere piccole come spilli
È questo il titolo che darei al libro Spilli, il romanzo di formazione e di crescita con il quale l’autrice Greta Olivo ha esordito. -4, -6, -8… non è un semplice conto alla rovescia, ma le diottrie di Livia a cui, già da bambina, è stata diagnosticata la retinite pigmentosa: a soli undici anni è già consapevole che diventerà cieca. Durante la solita visita oculistica, le ultime lettere si fanno sempre piú piccole, sottili e appuntite come spilli. Livia, ragazza romana protagonista del romanzo, sin da bambina è obbligata a indossare gli occhiali perché affetta da una forte miopia di cui si vergogna, che con il passare degli anni si evolve in retinite pigmentosa.
Nonostante la malattia, Livia vuole essere la prima nelle gare di atletica, vuole uscire con i ragazzi piú grandi, occupare il liceo, andare alle feste. Vuole semplicemente essere come tutte le sue coetanee, ma ogni sera “sprofonda nel buio”. Per liberarsi della vergogna nell’indossare gli occhiali, non è sufficiente indossare le lenti a contatto. Solo in quel momento capisce che non è affetta da una lenta perdita della vista, ma da una malattia che la rende progressivamente cieca.
Livia, però, non si vuole abbattere, anzi, vuole godersi ogni istante della sua adolescenza, l’età in cui molte volte la paura prende il sopravvento. Per prepararla a ciò che succederà, suo padre decide di mandarla al centro riabilitativo Santa Lucia dove, guidata dal tutor Emilio, si prepara al futuro imparando a svolgere piccole azioni quotidiane al buio, come darsi dei punti di riferimento in una stanza e in strada. Lei ed Emilio si trovano bene insieme, forse perché anche lui è affetto da retinite pigmentosa e per questo le insegna come vivere senza guardare, al buio. Solo Emilio riesce a toglierle la paura di dosso. Durante una festa, solo nell’oscurità della discoteca, Livia riconosce un punto di luce: se stessa.
Livia è descritta come un’adolescente coraggiosa, che affronta le sfide con determinazione pur attraversando momenti di difficoltà, fragilità e paura. Per un periodo si isola da tutto e da tutti, affrontando la solitudine. Successivamente scopre di poter vivere in modi diversi, ma come tutti gli adolescenti suoi coetanei.
Ho molto apprezzato la scrittura di Olivo per la sua delicatezza nel raccontare temi profondi coinvolgendo il lettore e per la sua chiarezza adottando un registro medio e in alcuni tratti medio-basso, come nella frase «A un mio compagno di classe una volta è successo, è andato troppo indietro e gli si è incastrato il culo nel cesso». In questo caso ha usato un lessico legato alla lingua parlata, un linguaggio colloquiale.
Dal mio punto di vista è stata una lettura resa semplice anche da un lessico adeguato al registro medio in cui si utilizzano termini di uso comune, e da uno stile ipotattico dove sono presenti lunghe frasi collegate tra loro attraverso virgole o congiunzioni. Ho gradito il racconto anche per la capacità di affrontare il tema dell’adolescenza e le difficoltà che la malattia causa a Livia non focalizzandosi, però, sul futuro, ma sul presente e sull’impatto che ha sulle abitudini di tutti i giorni. Affronta con sensibilità le sfide legate alla perdita della vista che permettono a Livia di crescere imparando ad accettare i propri limiti. Mi è piaciuto inoltre che la scrittrice abbia diviso il racconto in tre parti in cui, in ciascuna, faceva riferimento a un evento, a un luogo o anche a dei piccoli dettagli che segnavano la malattia di Livia e la sua adolescenza.
In particolare mi è rimasta impressa quando, nel primo capitolo La notte delle tartarughe, Livia è in gita al campo estivo e fa amicizia con dei ragazzi piú grandi. Vergognandosi dei suoi occhiali, decide di indossare le lenti a contatto che aveva rubato alla mamma di una sua amica, inconsapevole che le avrebbero causato dei gravi problemi agli occhi. Mi ha colpita questa parte perché spiega un comportamento molto comune dell’età adolescenziale: cambiare se stessi per piacere agli altri. In questo caso non si tratta di un cambiamento interiore, come molte volte capita, ma esteriore. Questo penso serva e sia d’aiuto per la crescita della persona perché aiuta a ragionare sul fatto che non si deve mai cambiare per qualcuno perché ci si fa del male e, se una persona ti vuole veramente, ti accetta per come sei. Questo sentimento di disprezzo del proprio corpo può essere causato dai cambiamenti che si hanno, sia fisici sia emotivi. Molte volte questa fase non viene apprezzata a pieno o a volte viene trascurata perché non sempre viene vista come passaggio tra l’infanzia e l’età adulta, ma come “fase obbligatoria” della vita.
In conclusione, consiglio a tutti, in particolare ai miei coetanei, di leggere Spilli perché tratta alcune fasi della vita che a volte si danno per scontate, come l’adolescenza.
Camilla