Gianni SollaIl ladro di quaderni

Liceo Marconi, Conegliano (TV)
Classe: III K e IV D

Esercizio di scrittura creativa a partire dalla lettura de Il ladro di quaderni di Gianni Solla: scegli un personaggio, oggetto o animale testimone o protagonista di un fatto importante del romanzo.

Il padre di Davide è arrabbiato con lui perché non ha cambiato l’acqua dei maiali e fa una scenata terribile al figlio. Il Nero assiste alla sfuriata e reagisce a modo suo…

Quella mattina aprii gli occhi e guardai intorno nel recinto in cui mi trovavo. Ero solo. Gli altri miei simili erano nel recinto adiacente al mio. Io ero solo perché uno dei due esseri umani che si occupavano di noi mi considerava troppo pericoloso. Costui era l’uomo piú grande e piú temibile dei due. Pensavo fosse il capo, vista la sua grandezza e il modo di comportarsi nei confronti dell’altro umano. L’omino invece era piú piccolo e camminava zoppicando per via della sua gamba corta. Mi stava simpatico ed era l’unico che riusciva a comprendere realmente quello che provavo e che mi trattava con benevolenza. Lo vedevo nei suoi occhi che era diverso dal capo e che i suoi sentimenti erano buoni. Era solo pure lui, cosí simile a me seppure comunque diverso.

Udivo delle voci indistinte. Molto probabilmente il padrone stava chiedendo al giovane se l’acqua era stata cambiata. Non l’aveva ancora sostituita, ma non mi importava molto, dopotutto la giornata era appena iniziata anche per l’uomo piccolo. Ma evidentemente questo non lo pensava anche il capo, che cominciò ad alzare il tono di voce. Mi irritava il suo modo di comportarsi nei confronti del giovane: pareva quasi che tenesse di piú alla vita dei maiali, perché poteva venderli, che a quella del piccolo cosí simile a me.

Anche se la recinzione era alta, vidi il capo prendere un secchio d’acqua, che mi gettò addosso. La mia soglia di pazienza era giunta al limite e mi fiondai contro il recinto, nel punto da cui era stata buttata l’acqua fredda. Colpii il legno con tutta la forza e la violenza che avevo in corpo. Il contatto con lo steccato fu forte, ma non ci pensavo: volevo solo aiutare il giovane che probabilmente era piú in pericolo di me. Sentii un grido e temetti di aver ferito l’uomo piú piccolo, ma poi vidi il padrone affacciarsi dall’alto della recinzione tenendosi la testa con una mano insanguinata. Ero riuscito nel mio intento: lo avevo ferito e avevo salvato il giovane.

Ma l’uomo grande era infuriato con me ora e prese una frusta con cui mi percosse. Un dolore lacerante mi attraversò il corpo e lanciai un grugnito di lamento. Anche il giovane si era affacciato al recinto e notai i suoi occhi pieni di tristezza. Speravo che comprendesse che ciò che avevo fatto lo avevo fatto per lui. Volevo proteggerlo e preferivo esser colpito io piuttosto che lui.

 

La siepe del giardino della signora Ottavia è testimone silenziosa dell’arrivo di tre ragazzi e della loro brutale aggressione verso un giovane e un uomo piú anziano che stanno osservando le stelle con un piccolo telescopio.

Attraverso i rami intrecciati potevo percepire ogni movimento nell’aria. Quel giorno, mentre la brezza accarezzava le mie foglie, fui testimone dell’orrore che si stava per compiere: tre ragazzi si avvicinarono, carichi di una violenza palpabile, le loro risate taglienti come lame nell’aria serena.

Il giovane e il vecchio, ignari della minaccia imminente, erano lí, intenti nella loro tranquilla osservazione delle stelle attraverso il telescopio. Ma la serenità fu spezzata quando i ragazzi, come un’onda di oscurità, li circondarono. Sentii i loro passi pesanti sul terreno, il loro respiro carico di malvagità.

Il giovane e il vecchio tentarono di difendersi, ma erano indifesi di fronte alla furia dei tre. Il vecchio, con la sua fragilità, fu il primo a cadere sotto i colpi implacabili. Il giovane lottò con tutte le sue forze, ma era in netta minoranza.

Sentii il frastuono delle urla, il suono sordo degli impatti, mentre il sangue macchiava la terra intorno a me.

Ero impotente, costretta ad osservare attraverso i miei rami mentre l’orrore si svolgeva sotto i miei occhi. Piansi per la violenza gratuita, per l’innocenza perduta, per la crudeltà umana che oscurava questa notte stellata. E mentre i tre si dileguavano nell’oscurità, lasciando dietro di sé soltanto dolore e distruzione, rimasi lí, immobile ed impotente, intrappolata nella mia muta testimonianza.