Centodiciassette opere, dall’età antica alle installazioni contemporanee, che ci restituiscono l’urgenza con cui l’arte non smette mai di parlarci.
Ora d’arte come ora d’aria in una prigione, perché il tempo che viviamo ci imprigiona dietro le sbarre dell’attuale, dell’effimero, e cosí rischiamo di scordarci di quanto nel profondo ci rende umani. E non c’è spazio, e tempo, migliore dell’arte per riprendere fiato, per respirare a pieni polmoni e riscoprire ciò che negli abissi del cuore fa di noi quello che siamo.
Dai vasi greci, che ci avvicinano a un mondo antico cosí lontano dalla retorica reazionaria della patria e degli illustri antenati, fino alle opere dei writer che rendono vivi i tristi muri spogli delle nostre città, passando attraverso la libertà inventiva di Donatello, la luce di Rembrandt che svela le oscenità del potere e la danza della vita tra le braccia della morte orchestrata da Canova, Tomaso Montanari ci guida in un altro meraviglioso percorso tra le opere di ogni tempo. E ci mostra che proprio qui si rivelano le luci e le ombre che da sempre fanno parte dell’animo umano.
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L’Italia è, per fortuna, ancora quel Paese in cui la prima cosa che un’amica vuol farti vedere quando arrivi nella sua città, prima ancor di casa sua, è un monumento pubblico: che ama con tutto il cuore, e la cui proprietà comune non diminuisce, ma anzi esalta, il legame dei singoli cittadini che lo frequentano fin da bambini, e si addolorano quando si ammala e chiude. E se arrivi tardi, ormai quasi all’ora di cena, riesci comunque a vederlo, perché c’è una persona – un custode, un sacrestano, o forse meglio un casto amante – che ti aspetta, e che te ne parla come della cosa piú cara che ha, di una persona di famiglia. E l’Italia è anche il Paese dove assai spesso questi oggetti amatissimi sono anche straordinarie opere d’arte: fieramente annidate nelle contrade piú disperse, eppure degne di figurare con onore in qualsiasi capitale europea.