Andrea BajaniUn bene al mondo

Liceo classico La Farina (Messina)
Docente: Antonella Lo Castro

Senza dubbio sarebbe stato molto piú difficile scrivere una recensione di Un bene al mondo se non avessi assistito alla presentazione del libro. Andrea Bajani si è raccontato senza riserve, spiegando, tra le altre cose, la genesi di questo suo romanzo. Durante un periodo in cui faceva i conti con la pagina bianca o quella scritta ma appallottolata in fondo a un cestino, ha composto 54 poesie e le ha mandate al suo editore, allegandole a una e-mail piena di scuse, che terminava con questa frase: «Spero che adesso il mio dolore alzi il culo dalla sedia».

A quel punto dentro di lui è cambiato qualcosa. Ebbene, il tempo di gestazione di Un bene al mondo è quello che passa tra il mandare una e-mail e aprire un file di word. «La prima stesura è stata veloce, è venuto fuori in maniera lavica ed era sporchissimo», ha detto alla presentazione, raccontando anche che ci sono volute dodici stesure, «ovvero riscritture abbondanti», per arrivare al libro che oggi teniamo in mano.

Andrea Bajani ha anche confidato che la sua scrittura da questo momento cambierà: «Bisogna rompere il silenzio solo se ce n’è bisogno, altrimenti non è importante. Scriverò solo se ce ne sarà bisogno». Un bene al mondo, gli ha consentito di togliere una spina dalla gola rimasta incastrata per troppo tempo, e non ha saputo dirci cosa succederà da adesso in poi. Del resto, come avrebbe potuto?

Mi ha fatto sorridere quando ha detto: «Questo libro, tra le tante cose, è un impostore. È un libro di poesie travestito da prosa».  Verissimo, non potrei essere piú d’accordo. Ci sono cosí tante immagini poetiche, oniriche, che citarle potrebbe comportare una ricopiatura del testo. Ne scelgo, a fatica, soltanto una. «Nelle lettere che poi non spediva alla bambina, il bambino usava poche parole e le riempiva di virgole. Perché le virgole erano come il battito delle ciglia sugli occhi: facevano riposare un istante le cose dall’essere sempre guardate. E quello era il modo che il bambino aveva di prendersi cura del mondo».

Un bene al mondo è un libro che non può essere raccontato, va letto e basta. Va letto perché, che ci piaccia o no, arriva un momento nella nostra vita in cui bisogna ascoltarsi, accogliersi, riconoscersi. E per farlo bisogna guardare al proprio dolore, alle ferite, alle delusioni, alla nostalgia, alle cicatrici. Dargli una forma o un nome potrebbe aiutare, l’importante è capire che il dolore può andare via, allontanarsi per un po’, ma alla fine farà sempre ritorno a casa. E magari tirerà fuori dal suo zaino delle cose meravigliose.

Questo è Un bene al mondo!

Fiamma
Arianna
Giada