Leonardo CaffoLa vita di ogni giorno

Centro studi Excol
Docente: Melissa Trevisan

Quali criteri etici determinano la scelta di un leader?

All’interno della prospettiva della prima lezione del mio libro, La vita di ogni giorno, ciò che viene fuori è che un leader è colui che è in grado di mettersi nei panni dell’altro: esattamente colui che si ferma a soccorrere il motociclista caduto. Nell’ipotesi tale per cui, affinché si possa governare uno spazio comune, bisogna innanzitutto mettersi nei panni di coloro che andrebbero aiutati in quest’arte del governo; intendo coloro che normalmente in una società divisiva come la nostra chiamiamo «dipendenti» ma che sono in realtà ciò da cui tu dipendi (attraverso il loro percorso e il tuo puoi essere «compiuto»). Per cui la prima scelta di un leader è la capacità di essere empatico, dove per empatico si intende quasi di più la simpatia, nel senso di condividere il pathos, di comprendere le posizioni, le strumentazioni e le forme in cui si trovano gli altri. Colui che è in grado di pensarsi sia motociclista caduto che automobilista che soccorre è colui che è in grado anche di essere un buon leader. Il leader non è mai colui che imprime e comprime l’altro con la forza e con le costrizioni ma è colui che impara insieme agli altri a seguire una strada comune.

Ci sono occasioni in cui è giusto essere pecore?

La metafora della pecora è completamente diversa dalla metafora del coniglio, a cui normalmente è associata. Colui che è pecora non è colui che ha paura o timore di fare le cose, ma è colui che si mostra debole, laddove la sua debolezza può diventare un punto di forza perché ci sarà un lavoro comune su quel tipo di debolezza. Una buona società è una società in cui tutti possono manifestarsi pecora perché è una società in cui è scomparso quello che Hobbes recupera dal passato e riconcettualizza all’interno del Leviatano «Homo homini lupus»: cioè una società in cui non ci sono più uomini che sono lupi per altri uomini ma una società in cui si dà per scontato che l’uomo sia un fascio di debolezze. E attraverso questo fascio di debolezze possa poi edificare anche le sue conquiste successive e quello che verrà. Quindi le condizioni a cui è giusto essere pecore, se questa è la domanda che mi state facendo sono: sempre; nel senso che bisogna sempre potersi immaginare motociclisti che cadono perché non ci sarà qualcuno che ti mangi. È chiaro che allo stato attuale siamo all’interno di un’utopia, perché la nostra è ancora una società molto basata sulla distruzione delle debolezze dell’altro. Ma c’è un principio fondamentale, la filosofia non è mai descrittiva ma è quasi sempre propositiva o performativa, cioè cerca in qualche modo di vedere come dovrebbero essere le cose, anche in modo utopico per poi spingere la realtà verso questo genere di utopia. Se qualcuno di voi dimentica il portafoglio in aula e qualcun altro lo trova, la scelta di portarlo e darlo a lui è tale nel momento in cui questa comunità – la comunità della vostra classe – si riconosce come un corpo unico, come quello stormo di cui io parlo all’interno del mio libro. È l’idea che bisogna avere fiducia nell’altro e farsi dar fiducia dall’altro, perché a un certo punto si è sempre guidati e guidanti.

Di cosa ha bisogno il mondo: leader o pecore?

Il nostro non è un mondo che ha bisogno di leader se non contingentemente, cioè adesso in questa situazione così complessa  bisogna ricercare una guida nel senso dolce e delicato di cui vi ho parlato e mai un Führer, mai un comandante – abbiamo provato e fortunatamente abbiamo fallito; è stato un modello di governo completamente sbagliato. Il nostro è un mondo che ha bisogno di autorganizzazione e di disciplina comunitaria entro cui si comprende che si vive insieme e si muore da soli. Ma soltanto insieme è possibile sopravvivere, per cui evviva un mondo di pecore senza pastori. È sbagliata l’idea della filosofia come pastore dell’essere … quell’idea che era di Martin Heidegger. La filosofia deve portare a un mondo di pecore che scelgono insieme dove andare. Ed è il motivo per cui non dovete avere paura dei vostri limiti né delle vostre debolezze, perché il futuro è di colui che è in grado di adattarsi e di vivere nel modo più delicato possibile. L’idea dello schiacciamento dell’altro è un’idea che ormai è superata. Ed è anche il motivo per cui voi fate questa cosa per me e io la faccio per voi; alcuni di voi non sanno chi sono e io non so chi siete voi, eppure c’è l’idea che questo stormo debba volare insieme. Dunque, ragazzi, non pensiamo all’idea del leader: non pensiamo a colui che ci deve guidare ma voliamo insieme verso un punto comune.